Visto che il buon @schramm lo ha citato parlando di “Durvar”, ho notato che non c’è un topic dedicato a questo bellissimo film.
Per me è un semplicemente un capolavoro: forse imperfetto, forse alcuni episodi di contorno sono un pò sbilenchi o poco in linea con i tre episodi principali ma sono appunto questi ultimi che hanno una potenza devastante.
La storia: a molti detenuti vengono concessi alcuni giorni di licenza dal carcere e ne approfittano per ritornare ai loro paesi per abbracciare le loro mogli, i parenti o anche semplicemente per risolvere vecchie pendenze.
C’è chi non riesce neanche a godere di questa licenza perchè smarrisce i documenti (l’episodio più amaramente comico dei 5), c’è chi scopre che forse il carcere non è l’unico ambiente dove la sua vita è controllata, sorvegliata e privata della libertà ma esistono altri ambienti più sottili e apparentemente innocui che sono molto peggiori. Anche questo è un episodio brillante, quasi leggero ma che già punta sulla tematica familiare che esploderà prepotente, drammatica e tragica negli altri tre episodi.
Omer torna al suo villaggio curdo al confine tra Turchia e Siria, in una terra arida e riarsa dal sole dove i combattimenti tra trafficanti curdi ed esercito turco non hanno mai fine e segnano i destini di tutti. Si innamora ma dopo la morte del fratello, la tradizione spietata, inoppugnabile e forse anche accettata dallo sfortunato protagonista stesso gli faranno prendere due decisioni che non lo riporteranno (forse) mai più indietro. Episodio bellissimo, che ha causato e causa tutt’ora un sacco di problemi in Turchia per la cruda descrizione della società curda, degli scontri con l’esercito turco, per l’utilizzo della lingua e delle musiche curde (all’epoca proibitissime) e soprattutto per una brevissima battuta in cui viene proninciata la parola “Kurdistan” (sacrilegio!) tanto che moltissime versioni internazionali hanno dovuto tagliare o questa battuta o, addirittura, l’episodio intero. Commovente, con un finale che forse ha un occhio agli western politici di Sergio Sollima.
Nel quarto episodio - in realtà sono tutti mischiati e inframmezzati l’un l’altro - Mehmet torna al suo paese dove viene accolto con ostilità e disprezzo da parte della famiglia e dei suoceri per un motivo che lo avrebbe poi condotto in prigione. Si innamora e decide di scappare ma forse non potrà sfuggire alle rigide e spietate regole dell’onore curdo. Episodio semplice eppure crudele che rimane impresso per il disperato momento di sesso tra il protagonista e la sua amante… un sesso caldo, appassionato (non si vede niente, eh) di cui il protagonista necessita dopo tanti anni di umiliazioni in carcere, dopo aver rivevuto e provato l’odio ed il disprezzo da parte della famiglia, per avere un momento di vita “normale” come tutti e che potrebbe invece costargli la vita in una delle scene più dure e significative dell’intero film
Ed infine l’episodio di Seyit, quello che da immagine anche alla locandina del film, interpretato dal bravissimo attore Tarik Arkan. Di una bellezza e di una crudeltà spaventosa, allo stesso tempo spietata e di una tenerezza finale che non può lasciare indifferenti. Non voglio neanche accennare alla trama se non che lui scopre che la moglie, durante la sua lunga detenzione, ha dovuto campare come prostituta per mantenere la famiglia.
Le rigide regole dell’onore curdo prenderanno il sopravvento, lo devono. E qui assistiamo veramente ad un episodio che è una vera mazzata nello stomaco ma allo stesso tempo di un lirismo crudele che crescerà sempre di più in un finale tanto atroce quanto commovente e delicatissimo. Veramente un capolavoro.
Il film ha avuto, come detto, moltissime versioni a causa delle più svariate vicende. Girato dall’assistente Serif Goren su sceneggiatura in carcere di Yilmaz Guney, verrà montato e presentato al festival di Cannes dopo la rocambolesca fuga di quest’ultimo dal carcere turco e la sua salvezza in Svizzera. Per lunghissimi anni è stato appunto oggetto di dispute sul copyright tra gli eredi di Guney e il distributore svizzero e i numerosissimi riferimenti politici al Kurdistan (di cui, come detto, viene persino pronunciato il nome che è proibitissimo in Turchia), alla cultura curda e alla situazione politica di quel periodo han fatto si che è stato dovuto alleggerire di alcune sequenze, battute o riferimenti per poter essere presentato sia sul mercato turco con moltissimi anni di ritardo che ai recenti festival internazionali in una versione (“Full version”) che in realtà è estremamente mutilata e manipolata per non offendere la suscettibilità del governo turco sullo spinoso tema del Kurdistan e della situazione carceraria.
Però rimane un film che, in almeno tre episodi, è di una bellezza straordinaria