Partiamo dal presupposto che non esiste alcun Youth part I… Questo film mi sta già simpatico.
Consideriamo poi che la tematica è per me estremamente intrigante: il mondo del ciclismo delle gare in velodromo, estremamente diffuso in Asia come sport da scommesse, un po’ come da noi l’ippica… Volevo vederlo a tutti i costi, ci ho messo parecchio a recuperarlo ma ce l’ho fatta (uscì in dvd eoni fa per la King Records).
Il film ha sia aspetti positivi che negativi, devo dire che però se devo metterli sui due piatti della bilancia sono forse un po’ più i secondi dei primi.
Si tratta della storia di un ragazzotto un po’ ottuso e poco empatico che non riesce a combinare niente di buono nella sua vita (difficili i rapporti sia col padre, che con gli amici, che con le ragazze), le uniche soddisfazioni che ha gli vengono dall’atletica, nella quale eccelle. Un bel giorno scopre che l’atletica (dalla quale, gloria a parte, non riesce a cavare un ragno dal buco) è un’attività propedeutica per il ciclismo su pista, sport nel quale, se vai forte e vinci, puoi guadagnare davvero bene, perché il giro di soldi che ruota attorno alle scommesse è grande.
E così passa i test attitudinali e viene ammesso all’accademia di ciclismo, dalla quale esce dopo due anni di formazione (molto belle le scene con un centinaio di giovani atleti che si allenano sui rulli o che girano vorticosamente in pista) con delle ottime credenziali e grandi speranze per l’avvenire. E infatti comincia a vincere, vincere, vincere, gli girano tanti bei soldini, coi quali fa il gagà, si compra completi eleganti, scarpe di vernice, automobile di classe e torna al paesino a far vedere quanto è fico.
Poi però passa di categoria e le cose si mettono male, non è più il più forte e i suoi piazzamenti sono mediocri.
Qui arriva l’elemento che mi ha fatto disamorare del film e che secondo me rappresenta la vera caduta di livello: il colpo di scena per bambini dementi, la psicologia superficiale da cartone sportivo giapponese che rende tutto incoerente e ti fa sentire preso in giro.
Insomma, ci sta questo scommettitore professionista che ha osservato il percorso del giovane pistard e lo avvicina rivelandogli che, per vincere in una categoria superiore, non bisogna fare le volate di testa, bensì mettersi in scia ed uscire all’ultima curva.
Come se in due anni di accademia non ti insegnassero le basi del tuo sport. Come se a scuola calcio non ti insegnassero che per andare in goal si deve passare la palla e non è possibile attraversare tutto il campo da solo scartando 11 avversari.
Ecco, e come reagisce il protagonista di fronte a questa “epifania”? Per orgoglio fatica ad accettare il consiglio, poiché sente che se vuole essere davvero il più forte deve riuscire a vincere facendo le volate di testa (l’avevo detto che fin da subito mi era sembrato un po’ ottuso…).
Inoltre non ho capito lo snodo narrativo cruciale… Quando finalmente, nonostante tutto, riesce a vincere anche nella categoria superiore, viene squalificato per qualche motivo che non mi è risultato chiaro… Sarà forse colpa dei sottotitoli poco accurati, ma cmq questo è un altro elemento che mi ha fatto concludere in modo molto freddo la visione di un film che all’inizio invece mi intrigava parecchio.
Il finale-non-finale non aiuta certo a riaccendere l’entusiasmo.
In conclusione, questo film mi ha lasciato negli occhi delle immagini molto belle ed interessanti relative al mondo delle gare in velodromo, ma non posso certo considerarlo un bel film. Un punto in più però per le musiche, forse reiterate un po troppo spesso, ma intriganti e gradevoli, una specie di rock alternativo giapponese con qualche timida sonorità punk che fa capolino.
Consigliato ai fanatici di film sul ciclismo ( e ad @almayer )