(disponible su RAI PLAY)
Adamo, violento neofascista romano viene condannato a scontare un periodo di lavori socialmente utili presso una sperduta parrocchia altoatesina tenuta dal rigido Don Ivan. Il contrasto fortissimo fra i due porterà Adamo ad avere un nuovo sguardo sulle cose.
Remake di un film danese intitolato Le mele di Adamo che sarebbe facile bollare con il marchio del deja-vu. In effetti di storie di contrasti fra opposti che poi si toccano è pieno il cinema ma questa a mio avviso è particolare. Nei film che ho in mente io il ribelle cede al fascino di un mentore pieno di problemi ma che abbaglia con la sua personalità e con la sua empatia. Invece fin dalle prime inquadrature si capisce che il Don Ivan di Pasotti è completamente fuori da questo stereotipo. Al contrario sembra un irrecuperabile alienato.
A mio avviso la cifra di questo film è l’imperfezione. Non sono perfetti i personaggi. Non è perfetto il film che non riesce a prendere una strada ben determinata. Tanto meno è perfetto il finale che qualcuno potrebbe considerare forzato. Eppure è stata proprio tutta questa imperfezione ad affascinarmi perché il film non mi ha distratto con una cura attenta dell’aspetto formale e mi ha attivato tutta una serie di riflessioni che sono continuate anche ben dopo la fine della visione.
Il cast funziona. Amendola sprizza cattiveria da tutti pori e Pasotti rende benissimo l’idea del prete di stampo teutonico fuori dal mondo. La menzione di merito va però al cinicissimo Roberto Nobile che interpreta alla grande l’esponente di uno dei vari tipi di fondamentalismo.