Aniara (Pella Kagerman, 2018)

In un futuro prossimo, la terra è al collasso, l’umanità viene trasferita periodicamente su una colonia marziana a bordo dell’interplanetaria “Aniara”, un’ astronave autosufficiente dotata di ogni comfort, porta regolarmente con facilità i suoi passeggeri in sole 3 settimane.
A bordo c’è anche il dispositivo MiMa, una sorta di rifugio dove si può riportare la propria coscienza in uno stato di benessere fisico e terreno.
Una passeggiata insomma, un viaggio di routine, fino a che a seguito di una collisione l’astronave andrà alla deriva nello spazio verso destinazione ignota…

Tratto dall’omonimo romanzo fantascientifico del 1956 dello svedese Harry Martinson, quello che potrebbe definirsi “Un bel mattone fantascientifico”.
Da guardare al netto di sonno incombente, per il resto la storia regge, appassiona e intriga, gli interni dell’astronave sono realizzati con un sapiente riciclo di ordinarie location terrene e gli esterni ovviamente in CGI, il tutto in maniera coerente e credibile.

La trama si evolve in capitoli proprio come il libro (che non ho letto), sviluppandosi nelle viscere degli abissi cosmici, il ritmo a volte rallenta, mi ci sono spesso colpi di scena che riportano l’attenzione sulla pellicola, notevole anche l’audacia di diverse scene, anche se c’è da dire che come ci insegnano gli “anni70”, gli svedesi sono notoriamente libertini, chi ha visto il film sa di cosa parlo.

Per chi volesse vederlo, lo trovate disponibile su prime, in un primo momento ero scettico, ma il voto IMDB mi ha incuriosito, il titolo (che non conoscevo) e le immagini ad alta saturazione, mi avevano messo in guardia su qualche bischerata stile Planet Dune, avessero utilizzato direttamente il poster dell’imdb o la cover del libro sarebbe stato tutto più intriguing sin dall’inizio:

Tornando a noi, non so se e quali libertà si sia preso il regista rispetto alla versione letteraria, tipo la piega “LGBT” che prende il film, Martinson era decisamente un uomo di mondo, un viaggiatore e un avventuriero, non ci sarebbe da stupirsi di una precoce apertura mentale all’argomento negli anni '50.

Esiste anche un omonimo Film per la TV danese del 1960 tratto dallo stesso libro che ancora non ho visto, , ma non escludo di farlo presto.

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