[Anni 80] Italodisco: Un fenomeno tutto italiano

Segnalo sul mondo delle discoteche romane e le figure mitiche dei dj anni 80-90 il doc Roma caput disco, con voce narrante di Pino Insegno :clown_face:

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Il termine ‘italo disco’ non è italiano, ma tedesco. Venne inventato dal discografico Bernhard Mikulski (1929/1997) per questa doppia raccolta del 1983


Tuttavia dalla selezione si può vedere che siamo più in zona new wave che strettamente dance. Va anche detto che allora e per tutti gli '80 e parte dei '90, nessuno chiamava questo tipo di musica italo disco ma più genericamente dance italiana.

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Visto, molto interessante. Si parte addirittura dal Piper.

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Sì, perchè le discoteche, lungi dall’essere quelle macchine commerciali da divertimento entrate come tali poi nell’immaginario collettivo, già dagli anni '70, all’inizio, sono spazi di notevole sperimentazione architettonica

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La (poi) cosiddetta italo disco non è un’invenzione italiana. Tralasciando (si fa per dire) Giorgio Moroder, si deve far risalire alla new wave inglese (con gli Human League in testa) cui le prime produzioni italiane facevano riferimento. Infatti molte delle prime produzioni erano cupe e dal ritmo lento (MASTERPIECE di Gazebo ad esempio) o molto lento (DON’T CRY TONIGHT di Savage ad esempio). Come accadde col beat prima e con il progressive poi (con le dovute differenze, certo) in Italia ci fu una sovrapproduzione aiutata dalla possibilità di realizzare tutto con strumentazione minima. Ho calcolato (disco più, disco meno) che nel solo 1984 vennero prodotti non meno di 200 mix. La maggior parte di queste dischi non superavano i confini regionali (a volte erano finanziati da qualche discoteca) e non comparivano in nessuna compilation. Dischi che ora vengono venduti su Discogs a prezzi francamente assurdi. Le etichette più famose furono sicuramente la Disco Magic (che aveva iniziato con tutt’altro genere) e la Discotto (o Disc8) (Gary Low). Altre furono la Cat dei fratelli Micioni (che per la sua sotto etichetta, la Concorde, incise Mike Francis), la Many (Silver Pozzoli), la Zanza (Dan Eller), la Memory (Ken Lazlo), la Gong (Den Harrow per la sola MAD DESIRE), la Merak (Valerie Dore, ma come Alba incise un paio di singoli anche la Parietti), la Time (che, però, conoscerà maggiori successi nei '90) e la Energy (meglio nota come X-Energy che pubblico due dischi di Ivana Spagna prima come Yvonne Kay e poi come Yvonne K.). Queste ultime due tutt’ora esistenti. Tra le più importanti le più attive furono sicuramente la CGD (Cube ma anche Ivan Cattaneo), la WEA (Novecento e Atelier Folie), la Baby (Gazebo: proveniente dalla Best e Den Harrow: proveniente dalla Hole) e la Ricordi (Diana Est e Too Too Toy), la CBS (Spagna: proveniente dalla Simple), la Polygram (Richard Romeo: su Fontana e Jo Squillo: su 20th Century Secret) e scusate se dimentico qualcosa. Da notare che la maggior parte delle canzoni, al contrario della disco music, sono cantate da uomini.

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Come scrivevo altrove, sono particolarmente affascinato (per motivi anagrafici) dalla produzione della fine '70. Uno dei dischi che sentivo a manetta era quello dei Revanche che solo dopo tantissimi anni ho scoperto essere una produzione italiana. Qualcuno li ricorda con il tormentone “Get high in New York City”?

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Una delle produzioni della Goody Music: etichetta milanese attiva tra il 1978 e il 1982 (il cui proprietario Peter Jacques Petrus fece una brutta fine) famosa soprattutto per la Peter Jacques Band e per i Change anche se tentò qualche produzione non dance.

Qui la copertina originale italiana (si noti il dito medio ‘mozzato’ in fase di stampa) usata solo in Italia:

Qui la copertina USA della Atlantic che, come tutte le altre edizioni in giro per il mondo, preferì usare uno scatto alternativo:

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Per rispondere a King_Ghidorah, la disco italiana leggo essere nata con i fratelli La Bionda e il loro progetto parallelo D.D. Sound. Questo nel 1977. In realtà due brani in italiano anticiparono il fenomeno allora agli albori: NESSUNO MAI e RUMORE: tutte e due del 1974. E a questi aggiungiamoci. PRISENCOLINENSINAINCIUSOL che è del 1972 (ma che per me NON E’ un rap) e ANCORA TU che è del 76. Tornando al biennio 77/79 oltre ai La Bionda ci sono da segnalare i torinesi Stratosferic (scritto proprio così) Band di Gualtiero Gatto che sulla scorta dei francesi Space (MAGIC FLY) confezionarono il bell’album, il loro unico, SPLASH… per la Voom Voom. La Bus Connection prodotta da Gianni Boncompagni (Bus era il nome della sua etichetta) e diretta da Paolo Ormi che altro non erano che l’Unione Musicisti di Roma che eseguì la prima sigla di Discoring: SUPERDANCE che pubblicarono due begli album BUS CONNECTION, 1977 e GUAPA, 1978. Va detto che non erano assolutamente secondi ad ensemble come quelle della Salsoul o della PIR. Nel 1978 vide la luce il progetto Easy Going di Claudio Simonetti e Giancarlo Meo che vedeva Peter Micioni alla voce accompagnato da due ballerini che cavalcavano la moda dell’ambiguo (ma la copertina con i due lottatori presa da un mosaico che stava dentro la discoteca omonima di ambiguo nulla aveva):

Anche il successivo FEAR non scherzava…:

Ce ne sono molti altri, ovviamente. Poi ci tornerò.

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Mi sa quel mosaico lo aveva ideato Tom of Finland. Chi lo conosce, sa di cosa parlo… :ok_hand::heart_eyes::clinking_glasses:

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Personalmente andavo matto anche per questo esperimento rock-disco: cassetta consumata…

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Si, conosco l’artista ed è più che possibile che chi l’ha fatto ci si sia ispirato soprattutto per i capi in pelle (e diciamo anche che ToF era ‘affascinato’ anche dall’iconografia nazista). Diciamo che questa ne è una versione… casta. Sapevo anche di chi erano quei mosaici, ma ora non ne ricordo più il nome.

Ultimamente m’è capitato di leggere un paio di articoli di testate nazionali che parlavano del genere con un pressappochismo stupefacente, tra l’altro cercando di riallacciarsi ad artisti “nobili” (Battisti, Carrà…) proprio come durante la moda del cinema di genere, quando faceva figo dire “senza di essi non sarebbe esistito il grande cinema di Fellini”, tipo a giustificazione delle malefatte di un figlio scemo.

Io adoro il genere e ho un debole per quella marcia e provinciale, possibilmente con la peggior pronuncia inglese possibile. Ecco dei fulgidi esempi:

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Per loro era stato inventato il termine (orribile) ‘rosko’ (misto di ‘rock’ e ‘disco’ e come ROSKO (BIG CITY) incisero un brano che fu sigla di Discoring). Era in progetto con a capo Danny Besquet e Anthony Rutherford. Il loro pezzo più celebre fu BACKDOOR MAN del 1979 (anche al Festivalbar) e incisero due album: GIANTS e GIANTS II (79 e 81).

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Le produzioni locali di cui dicevo. Oggi vendono questi mix a prezzi assurdi, ma rimane robetta. Anche se il brano di quel Valentini non sarebbe stato male se cantato bene e con una buona pronuncia.

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Sicuramente è “robetta” (più spesso direi robaccia), ma per me ha un fascino speciale.
I pezzi che ritengo più interessanti sono quelli nati ai margini, tipo Alexander Robotnik e Clio; la roba che ai tempi ebbe molto successo, tipo le produzioni targate Turatti-Chieregato, la apprezzo ma penso che a furia di inseguire le mode del momento le canzoni tendono a somigliarsi tutte.

Alexander Robotnik: uno dei rarissimi casi di italo disco in francese. In realtà è fiorentino e si chiama Maurizio Dami. Nella canzone PROBLEMES D’AMOUR lui ha un francese pessimo, per quanto fluente, mentre la cantante (che non so come si chiama) mi pare madre lingua. Considerata ‘una delle prime’ produzioni house (ma qual’è stata la prima?), in realtà è molto più assimilabile alla new wave. Clio (in Francia, chissà perché, Cleo) si chiama Maria Chiara Perugini e con questo nome ha realizzato due o tre mix (due me li ricordo: EYES e FACES) prodotti da Roberto Ferrante per la napoletana Interfonia su etichetta Airport. Ci sono stati altri prodotti a nome Clio ma non avevano nulla a che fare con questa cantante. Nell’87 arrivò una Cleo con GO GO DYNAMO, ma è un’altra produzione. Quando scrivo ‘robetta’ intendo i prezzi che chiedono (ho visto mix anche a 400 euro), considerato quello che ti ritrovi in mano e considerato che corri il rischio di ritrovarti con prodotti che potrebbero valere zero da un giorno all’altro. Per quanto apprezzi l’italo disco capisco rimane pur sempre musica di puro consumo (cosa che chi le faceva ne era perfettamente consapevole).
In rete trovi questa raccolta:


Sono 50 volumi (ma in rete se ne trovano 45 che comunque…) ed è una produzione olandese. Non è ufficiale e comunque ne sono stati stampati solo 100 pezzi a volume, dunque. Qui puoi trovare tonnellate di produzioni di cui dicevi con cantanti (la maggior parte uomini) che cantano a pappagallo o comunque con pronunce da denuncia penale. Le copertine, purtroppo, sono tutte di questo tipo con viste su Piazza San Marco. sul Colosseo, sul Duomo e anche su San Pietro! Sono sicuramente tutti tratti dai vinili originali (masterizzati molto bene a dire il vero). Molte di queste canzoni non le conoscevo neanch’io. La quasi totalità è italiana, ma ci sono anche produzioni spagnole, tedesche e francesi. Fortuna che qui non ci sono oscenità che con la italo non hanno nulla a che fare come i Bad Boys Blue o le New Baccara.

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Che poi rileggendo a distanza di anni il testo di Backdoor Man mi sembra evidente che sia una canzone sul sesso anale…

Si dice che dietro il progetto Giants in qualche modo ci fosse anche Tony Renis.

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Si per tutte e due le affermazioni. Renis non comparì ‘attivamente’ perché era legato alla WEA e perché aveva qualche problemuccio con la legge (venne indagato per frequentazione mafiosa, mi pare con i Gambino). Dunque i Paraje con ANIMALACTION non si sono inventati niente… :wink:

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Che poi, a stringere, se si va a cercare la vera origine della dance elettronica, ancora prima di Moroder ci furono nel 1972 gli statunitensi Hot Butter con la loro versione di POPCORN (1969). Ma allora era più facile dirigere un’orchestra che suonare un Moog.

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Imprescindibile doc di Arte:

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