Babylon (Damien Chazelle, 2022)

Visto in sala ormai qualche settimana fa.
Premettendo che non amo il cinema di Chazelle, lontano dalle mie corde di spettatore, ho voluto dargli un ulteiore possibilità con questo Babylon.

Il film ha l’ambizione di narrare la Hollywood degli anni d’oro con un respiro alla Francis Scott Fitzgerald ma si perde in una lunga ipsazione autoriferita del regista che mette tantissima carne al fuoco unita ad una moltitudine di personaggi che non contribuiscono minimamente ad uno sviluppo narrativo minimamente soddisfacente.

Il prologo, piuttosto lungo, è probabilmente una delle scene più azzeccate dell’intero film. La messinscena volutamente caotica, chiassosa, eccessiva è scandita da un ottimo contrasto di musiche e rumori ambientali. L’effetto “circo” può avere un suo fascino e prepara l’occhio ad uno spettacolo che di fatto non inizierà mai.

Le interpretazioni, sopratutto quella di Margot Robbie, sono a tratti stucchevoli, spinte ad un eccesso macchietistico che poco si confà al rigore delle cronache del tempo.

Brad Pitt salva la baracca prestando il suo personaggio ad un ruolo perfettamente nelle sue corde e impreziosendo l’interpretazione con le sue tipiche smorfie alle quali ci ha abituato il suo stile interpretativo post-tarantiniano.

Concludo osservando che un film della durata superiore alle tre ore, ha l’obbligo di mantenere un filo narrativo stabile, aspetto che nel caso specifico sembra essere del tutto irrilevante per Chazelle.

Consentitemi il paragone con due pellicole diversissime tra loro ma che con Babylon dovrebbero avere in comune la volontà dei registi di mettere in scena un “atto d’amore verso il cinema”: nella fattispecie “C’era un volta a Hollywood” di Tarantino e “The Fabelsman” di Spielberg. Bene, entrambi i film non sono capolavori indimentabili ma rispetto al film di Chazelle, rischiano di diventarlo.

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Visto anch’io questo w-e, in due tranche vista la durata. E se non ho amato La La Land, ho invece adorato questo Babylon. Che si rifà proprio a quel periodo delirante, caotico, circense a cavallo tra anni 20 e 30, altro che “rigore delle cronache del tempo”, tutto era permesso e tutto si faceva, basta vedere la strana morte di Thomas Ince, produttore cinematografico e inventore del Western, ammazzato durante una festa dal tycoon dei media Hearst (che invece cercava di ammazzare Chaplin), al tal soggetto rivedersi la piccola gemma di Bogdnanovich The Cat’s Meow. Era un periodo folle, pre codice Hays, con alcool (in pieno proibizionismo) a fiumi e coca come manco Pablo Escobar ne aveva vista. E in questo lungo, bellissimo omaggio a quell’epoca d’oro abbiamo 4 (soli) personaggi, la loro ascesa e il loro crollo, il passaggio dai silent ai talkies, ispirandosi ovviamente al film di Gene Kelly Singing in the rain. C’è tutta la follia di quegli anni irripetibili, registi che diventeranno presto autisti come Von Stroheim in Sunset Boulevard, attori che passano dalle stelle alle stalle (la sequenza del talkie di Pitt è ripresa paro paro dal film di Kelly), attrici che non appena aprono bocca distruggono la loro carriera nonché fascinosa immagine. Se devo trovare due appunti sono l’eccessiva magrezza della pur bravissima Margot Robbie, che poco c’azzecca con l’epoca, e l’eccessiva discesa agli inferi con Tobey McGuire, ma a mio avviso son dettagli che non ne inficiano la grandezza. Mega flop al botteghino, tempi duri per Chazelle.

PS

Bentornato Scerba!

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Felicissimo di leggere il commento di una persona competente seppur discordante dal mio. Probabilmente quelli che per te sono punti a favore, hanno sortito in me l’effetto opposto, ci sta alla grandissima. Il bello è proprio che l’arte sia divisiva. Un abbraccio.

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Ma assolutamente, sai che palle se fossimo sempre d’accordo. Comunque, per capire meglio:

Molto bello anche il dialogo tra Elinor St. John, ispirata a Elinor Glyn, e Jack Conrad; pare preso pari pari da Sunset Boulevard.

Il personaggio di Brad Pitt, Jack Conrad, è basato sull’attore John Gilbert, star del muto, compagno della Garbo, poi finito in disgrazia per aver messo KO il produttore Louis B. Mayer dopo che questi aveva fatto un commento poco elegante sulla Garbo.

La fine di Gilbert fu il film His Glorious Night:

Audiences awaited further romantic roles from Gilbert on the talking screen. The next vehicle was the Ruritanian romance His Glorious Night (1929), directed by Lionel Barrymore. According to reviewers, audiences laughed nervously at Gilbert’s performance. The offense was not Gilbert’s voice, but the awkward scenario along with the overly ardent love scenes. In one, Gilbert keeps kissing his leading lady, (Catherine Dale Owen), while saying “I love you” over and over again. The scene was parodied in the MGM musical Singin’ in the Rain (1952) in which a preview of the fictional The Dueling Cavalier flops disastrously and again in Babylon (2022).

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