Bullet : un proiettile per amare (Hiromichi Horikawa, 1968)

invogliato da @Frank_n_Furter grazie alla sua visione di L’uomo dal dito d’acciaio, un commento al primo di una tetralogia non ufficiale di gangsteristici fichissimi

Matsushita è un uomo di poche parole. Molto preciso ed elegante, di professione uccide sotto contratto. Trascorre il tempo libero sfrecciando sulla sua spider insieme a Shoko, una bella donna a cui piacciono le farfalle. Insieme sognano un futuro tranquillo e pacifico in Nuova Guinea.
Matsushita viene però tallonato da un sicario coi baffetti da sparviero, un osso
veramente duro che ci tiene a fargli capire che è molto più bravo a sparare, è molto più figo di lui, e gli vuole far anche capire che non ha molta scelta, deve solo crepare.

Parte come un noir tutto d’un pezzo che si prende i suoi tempi e silenzi, poi procede per accumulo tra lunghi blocchi di sequenze del tutto convenzionali alternate a improvvisi lampi di cromatismi, dissolvenze e sovrimpressioni sotto allucinogeni, balletti pop psichedelici e dialoghi che si spengono e riaccendono uno sull’altro.
Il richiamo è esplicito a la farfalla sul mirino, (siamo tuttavia in territorio mille volte meno psicotronico) ma laddove il film di Suzuki era un susseguirsi inesorabile di frammentazioni spastiche e grottesche con l’intento di mandare in frantumi il genere (un proposito giunto al culmine che procedeva sempre più radicalmente di film in film), qui non è ben chiaro perchè si cerchi la stranezza in un contesto così ordinario. sembra una parodia della parodia. come se Horikawa, in modo molto naif, con un occhio stesse girando e con l’altro stesse consultando il manuale del giovane surrealista. A che pro, non è dato sapere.
Leggendo un po’ le cronistorie, si può verosimilmente pensare che il caso del licenziamento di Suzuki dalla Nikkatsu, con il processo e l’eco soprattutto nel
settore degli studios (qui produce la TOHO), abbia creato una sorta di riferimento pop culturale e questo pare proprio un esempio di scimmiottamento gratuito del caso celebre.
Congetture a parte, è comunque un piccolo noir stramboide e irregolare che ha un suo fascino particolare.

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