LA PROPOSTA
Cari discografici, ridateci il vinile
Tramonta anche il Cd: non vogliamo più bene ai “supporti”. Ed è un errore
di ERNESTO ASSANTE
Cari discografici, chi vi scrive è stato ed è un grande appassionato di musica, un forte consumatore di musica, una persona che per merito del mercato discografico ha potuto conoscere ed amare migliaia, decine di migliaia, di dischi e di artisti. Ed è con grande malinconia, tristezza, che osservo il declino, costante e apparentemente ineluttabile, del mercato discografico odierno, il declino del cd. Ormai non fa più nemmeno notizia. 10 per cento in meno, 20 per cento in meno, il calo costante delle vendite, i licenziamenti, le ristrutturazioni, si susseguono con tale rapidità da lasciare ormai indifferenti gli spettatori, che già immaginano come andrà a finire.
La colpa? è del cd, del compact disc. O meglio, la colpa è nostra, degli appassionati, dei consumatori, che si sono disaffezionati al supporto, che non vogliono bene al cd. No, non vi meravigli il termine “voler bene”. Chi ama la musica ama anche gli oggetti che hanno saputo contenerla. Il pubblico, i consumatori, hanno amato profondamente i dischi nelle loro successive incarnazioni, dal 78 giri al 45, dall’Lp alla cassetta, fino al cd e all’iPod. Ma la battaglia tra questi ultimi due, il compact disc e l’iPod sembra la stia vincendo il secondo.
Il motivo, mi sembra, è semplice: voi discografici avete perso il dominio della copia, che è passato completamente nelle nostre mani, quelle dei consumatori. Da quando la musica è diventata digitale non siete più voi gli unici a poter fabbricare dischi. Con i nostri computer e i masterizzatori siamo in grado di copiare la musica su cd fatti in casa, di produrre compilation, di rimescolare i dischi più celebri, di riprodurre gli album originali, e queste operazioni sono talmente poco costose da farci dubitare del valore di un cd originale. Non solo: mentre fino a qualche anno fa le copie che compravamo dai pirati erano su cassetta, qualitativamente inferiori agli originali su vinile, oggi le copie del mercato pirata sono perfettamente eguali ai cd che si trovano nei negozi.
Certo, non ci sono le indicazioni sui dischi, le copertine sono a dir poco raffazzonate, magari anche le masterizzazioni non sono tra le migliori, ma il risultato è soddisfacente per chi spende i 5 euro (spesso anche meno) richiesti dai venditori di strada. Vi siete mai chiesti il perché? Perché delle copertine dei cd la gente non sa che farsene, perché di quello che c’è scritto sui dischi, stampato in corpo 5, con caratteri illegibili per un occhio normale, nessuno ha notizia. Perché il cd pirata lo si mette in macchina, senza copertina, buttato tra un fazzoletto per il naso e una cartina stradale. Perché il cd non vale più di cinque euro, anche quand’è originale. E non è un oggetto al quale gli appassionati di musica si sono affezionati, non sono oggetti che un appassionato di musica vuole conservare, proprio perché non hanno copertine, non hanno immagini da vedere, cose da leggere, non rappresentano gli artisti e le loro idee, sono solo supporti, non sono la musica. Poi è arrivato l’iPod e i lettori mp3.
Per un appassionato di musica è come portarsi in tasca l’Eden, tutta la musica che voglio, che amo, che posso ascoltare come e quando voglio. Mi viene in mente un brano, uno qualsiasi, lo scarico e lo ascolto. E pago. Perché quell’euro a canzone è un prezzo che mi sembra equo, vista la comodità del poterlo portare in tasca e, se voglio, metterlo su un cd. Ho un iPod pieno di musica e lo continuerò a riempire, ma non è questo il modo in cui voglio conservare la musica che amo.
Abbiamo, dunque, una modesta proposta da fare.
Ridateci il vinile.
Ma come, improvvisamente si vuole tornare indietro? Nel bel mezzo della rivoluzione digitale si pensa a tornare al prodotto analogico? No, non preoccupatevi, non è così. O meglio, non è solo così. Nel senso che i modi in cui la gente acquisterà musica nel prossimo futuro potrebbero, dovrebbero, essere tre: tramite file, per chi vuole ascoltare musica con i lettori mp3 o con i cellulari, per chi vuole masterizzare i propri dischi; tramite cd, per chi non vuole fare la fatica di scaricare la musica attraverso i computer o i telefonini, e non vuole perdere tempo con i cd “fai da te”, o semplicemente non ama gli mp3 e preferisce tenere centinaia di cd in macchina; con il vinile, per chi vuole conservare i dischi, per chi ama le opere degli artisti e vuole essere legato a queste da un filo emotivo che è tenuto dall’oggetto stesso.
Il disco in vinile non è un “supporto” ma è l’opera. Dark side of the moon, o Stg. Pepper, o Highway 61, non sono collezioni di canzoni, sono “dischi”. Così come i Promessi Sposi non sono uno scritto ma un libro. Il libro non è un supporto cartaceo, è l’opera stessa. Che non può essere copiata se non in qualcosa che libro non è. E il vinile non può essere copiato se non su cassetta o cd, il dominio della copia in vinile non è mai passato nelle mani di noi consumatori e appassionati. E il disco in vinile si rovina, si graffia, s’impolvera, se io voglio bene al disco voglio e debbo conservarlo. Il disco in vinile ha una copertina che è parte integrante del disco stesso, identifica l’opera, la illustra, in qualche caso la spiega. Ed è un oggetto come questo che gli appassionati di musica vogliono avere, vogliono conservare. Non il cd, che invece è piccolo, portatile, comodo, adatto ad essere messo in auto o portato in giro. Cd che posso perdere o che si può anche rovinare, perché al massimo ne posso masterizzare un altro, perfettamente identico al primo.
Ridateci il vinile, ridateci la possibilità di avere dischi che durano trenta, quaranta minuti, fatti di canzoni e brani che gli artisti hanno voluto metterci, senza inutili e insulsi riempitivi. Ridateci il vinile, ridateci un oggetto che magari si sente peggio, che non è portatile, che è grande e scomodo, ma che rappresenta la musica quanto la musica che contiene. Ridateci il vinile, che ha un valore intrinseco che nessun cd riuscirà mai ad avere. Ridateci il vinile, assieme ai file mp3 e ai compact disc, utili ognuno per un motivo diverso. Certo, magari guadagnerete meno, magari i clamorosi fatturati che l’industria discografica ha fatto da quando è arrivato il compact disc non li vedrete più, ma di sicuro non perderete l’anima e il lavoro. Il lavoro lo state già perdendo, l’anima la state per perdere, trasformandovi in venditori di magliette, poster, gadget, venditori di diritti televisivi e radiofonici, produttori di concerti e di dvd, di certo non più “discografici”. Ridateci il vinile e provate a salvare il vostro, nostro, mercato della musica, abbandonando l’idea di vendere pezzi di plastica e tornando a vendere dischi. (19 dicembre 2007)
http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/vinile-assante/vinile-assante/vinile-assante.html
Il vecchio disco nero spopola: E Dylan lo usa per stampare il nuovo album
Il ritorno del vinile per salvare il futuro
Ora si moltiplicano le ristampe. Il long playing sta vivendo una rinascita
di GIUSEPPE VIDETTI
ROMA - Gli amanti del disco in vinile non hanno altro che rimpianti: l’odore del cartone, le note di copertina leggibili, l’accuratezza del layout, la dinamica del suono. Persino la nostalgia del rumore della puntina che scende sui solchi e del fruscio che precede l’inizio del brano. Per questo il long playing, come fuoco sotto la cenere, è sopravvissuto allo strapotere del cd, che è durato un quarto di secolo. Molti sostengono che il miracolo del digitale, inaugurato nel 1981 con The visitors degli Abba (Brothers in arms dei Dire Straits, nel 1985, fu il primo compact a vendere un milione di copie), sia stata la causa prima della crisi dell’industria discografica. In un paio d’anni, ingorde regole di mercato resero obsoleti interi archivi discografici organizzati con amore e dispendio economico, creando, tra i compratori di musica classica e leggera, una disaffezione di cui stiamo ancora pagando le conseguenze. Nessuno osò fiatare, il progresso è inarrestabile. E poi, a chi piace farsi dare del retrogrado?
Eddie Vedder, Michal Stipe, Moby, Anthony Kiedis e Beck hanno costantemente espresso il rimpianto di essere artisti nell’epoca del cd e del trionfo della corporate music. “Per chi ancora vuole possedere l’oggetto, e sono tanti, il prodotto in vinile è imprescindibile”, ci ha detto Thom Yorke dei Radiohead. E Adriano Celentano, che ha fatto uscire il suo ultimo album anche in Lp: “Se vuoi realizzare una bella copertina, devi usare quel formato. E poi è anche una questione sentimentale. Il primo amore non si scorda mai”. Adesso che l’industria musicale agonizza e stenta a trovare una risorsa per stimolare il mercato, il vinile torna prepotentemente alla ribalta.
C’erano almeno cinquecento persone che aspettavano fuori da un albergo romano l’apertura di Hi-End, quinta edizione della mostra di alta fedeltà il cui slogan era “È tornato il vinile, prenotatevi”. E girando tra gli stand si scopre che l’Lp non è più oggetto di modernariato, cimelio per collezionisti, ma il centro dell’attenzione di una folla di compratori di ogni età.
Duecentocinquanta copie di Kind of blue, capolavoro di Miles Davis del 1959, vengono vendute in poche ore. E non sono vecchi dischi gracchianti, ma vinili nuovi di zecca ristampati con le migliori caratteristiche (peso, confezione, etc.) dell’epoca. Anche la casa discografica Fonè, specializzata in musica classica e contemporanea, decanta i vantaggi del “vero analogico”, confidando nel fatto che gli amanti di Accardo non hanno mai dimenticato i vantaggi del vinile (le ultime uscite sul sito www. fone. it).
Roberto Guarnieri lavorava in un negozio di dischi della capitale quando la rivoluzione del digitale cominciò a mettere in crisi l’esistenza dei piccoli rivenditori. Attraverso gli anni ha mantenuto contatti con gli amanti del long playing e ora è titolare di Vinyl Strike, shop con tanto di sito Internet (www. vinylstrike. com) il cui punto di forza è il ritorno al vecchio, caro “disco nero”. “Gli appassionati dell’hi-fi non hanno mai avuto dubbi: il vinile, soprattutto le stampe giapponesi, garantisce un risultato infinitamente superiore a quello del cd. L’import giapponese è particolarmente costoso”, spiega. “Molto più economici i vinili che ormai vengono stampati contemporaneamente ai cd, come questo doppio di Herbie Hancock (l’ultimo River: The Joni letters) che costa solo 28,90. È il pezzo più venduto, il rapporto col cd è di uno a venti”.
Il fenomeno è in crescita da quando, l’anno scorso, Bob Dylan ha pubblicato il vinile di Modern times con un mese di anticipo rispetto al cd. “Sebbene la Universal abbia al momento in mano oltre il 90% del mercato del vinile, le major sono ancora impreparate a questa inversione di tendenza”, spiega Guarnieri. “Non hanno capito che la rinascita del vinile potrebbe accaparrarsi una fetta di mercato che potrebbe incidere fino al 40% sul mercato della musica.
E infatti non hanno pubblicato in Italia Confessions on a dance floor di Madonna in vinile rosa, uno dei titoli più venduti degli ultimi anni. Ci sarà un motivo se Vasco Rossi ha deciso di ristampare in un cofanetto i suoi 45 giri e se i vecchi dischi della Blue Note vendono più nel formato Lp che in cd”. E non sono solo gli acquirenti adulti ad essere ritornati al vinile. “I ragazzi comprano Lp di Jimi Hendrix e dei Nirvana. Peccato che non abbiamo vinili dei Tokio Hotel, le ragazzine ce li chiedono continuamente”, conclude Guarnieri. Per Natale, la Sony/Bmg ha ristampato nel vecchio formato tutti i classici del repertorio, Dylan, Johnny Cash, Patti Smith e Lou Reed. (19 dicembre 2007) http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/vinile-assante/ritorno-vinile/ritorno-vinile.html
Per una volta mi trovo d’accordo con Ernesto Assante
Voi che ne pensate? Secondo me sarebbe la cosa migliore… e magari in ogni vinile acquistato si inserisce un codice per scaricare i brani contenuti in mp3… sarebbe la soluzione migliore… abbinata magari all’acquisto di questo giradischi laser:
http://www.elpj.com/main.html
http://www.neural.it/nnews/laserturntable.htm
ovviamente da vendere ad un prezzo a portata di tasca!!! Il dibattito è aperto!!!