Chien perdus sans collier - Cani perduti senza collare (Jean Delannoy, 1955)

Un Jean Gabin maestoso nei panni di un giudice dei minori buono e coscienzioso, che prende a cuore ogni caso che passa sotto i suoi occhi, ogni ragazzo che passa dentro al suo ufficio. Ricordando che non sta gestendo delle pratiche ma delle persone, sapendo che ogni scocciatura correlata al suo lavoro è in realtà un’opportunità per dare una prospettiva e un futuro migliore a un essere umano al quale la vita non ha sorriso e che rischia di finire male.

Un mestiere difficile che però svolge con affetto e con passione, sapendo che non c’è una formula magica, che ogni caso è diverso dagli altri, che ogni persona è unica e che quindi per ciascuno bisogna trovare una soluzione adatta alle specificità dell’individuo e della sua storia. Con l’osservazione, la comprensione, l’accettazione, la sospensione del giudizio e soprattutto con la pazienza di Giobbe, il nostro giudice è in grado di dare a ogni minore che prende in carico la possibilità di sbagliare tutte le volte di cui ha bisogno, cercando di fornirgli gli strumenti per rimettersi in carreggiata; con l’obiettivo di fare in modo che ciascuno trovi la sua maniera per sopravvivere e costruirsi un percorso valido, che lo conduca al di là della miseria e della fine triste al quale il destino lo avrebbe invece condannato e relegato. Purtroppo non tutti ce la fanno a tirarsi fuori, qualcuno non riesce a salvarsi, questa è la regola del gioco, ma ciononostante bisogna far di tutto per offrire ad ognuno di questi minori sfortunati un’opportunità di riuscire, di farcela. Il riscatto sociale non è semplice ma è la meta a cui ambire.

Il film ha una piccola quota di cooproduzione italiana, testimoniata dalla presenza di un giovane Gabriele Tinti, che per la verità non fa molto di più che prendersi una bastonata in testa.

Il film è finalmente visibile anche in italiano, grazie ad un passaggio televisivo su Iris. Per il mercato francese è uscita un’edizione bluray + dvd super pistolettata con tanto di cartoline, libretto e ghiotti extra, che però è piuttosto cara. Sto comunque valutando l’acquisto, perché il film mi è piaciuto molto.

Nello spirito la pellicola mi ha ricordato La ragazza di via Millelire, con queste magnifiche persone, gli assistenti sociali, che con una determinazione inossidabile fanno tutto il possibile (ed anche di più) per sostenere questi giovani sbandati destinati al fallimento ed alla miseria, credendo in loro e non lasciandosi abbattere dai continui errori nei quali essi ricadono continuamente. Una fiducia mastodontica nell’essere umano e nella possibilità di ciascuno di attivare le proprie risorse interne per farsi artefice del proprio destino, nonostante le sfavorevoli condizioni esterne che possono opprimere e penalizzare gli individui in questo percorso.
Bisogna fare comunque le dovute differenze, perché il film di Serra parte da degli ottimi presupposti senza portarli del tutto a compimento, mentre la pellicola francese è davvero un piccolo capolavoro, un gioellino, che arriva allo spettatore in modo fresco ed immediato, non dimostrando assolutamente i quasi 70 anni che ha ormai sulle spalle.

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