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Ho finalmente avuto modo di vedere questo documentario ad opera dell’ottimo Stacy Peralta, fondatore degli Z Boys, della Powell-Peralta, e in anni recenti documentarista di successo con i lavori “Dogtown & Z-Boys” e “Riding Giants” rispettivamente sulla scena skate e surf.
Il nuovo lavoro tocca un argomento molto più delicato e spinoso, che viene comunque trattato in maniera adeguata, quantomeno per le finalità che si propone. Non troverete una disamina analitica delle tradizioni e dei rituali delle gang (lo slang, i graffiti, i segni distintivi, l’estetica) quanto piuttosto un tentativo di capire da che situazione socio-economica deriva il fenomeno, quali possono esserne le cause, che conseguenze ha avuto e sta avendo, e come le varie parti (governo, comunità) hanno cercato e stanno cercando di reagire.
Il risultato è estremamente dinamico ed interessante, gli unici difetti sono forse il fatto di non entrare nel dettaglio “culturale” delle gang (ma il lavoro è appunto impostato così dall’inizio, credo per scongiurare l’effetto fascinazione), e nel voler cercare a volte il coinvolgimento emotivo a tutti i costi. Ma contando che il documentario è stato studiato anche per essere proiettato in scuole, centri giovanili, etc. molto probabilmente quelli che ho percepito come difetti in realtà sono scelte assolutamente volute per renderlo meno accattivante e più toccante possibile.
Per il resto, il film offre uno spaccato molto realistico ed interessante di un grossissimo problema (volutamente?) semi-ignorato dal governo americano. Non servirà come approfondimento per chi ha già una buona conoscenza dell’argomento, ma come documentario divulgativo è decisamente tra i migliori che abbia visto.
[flash]http://www.youtube.com/v/qN4pP-1NWoA&hl=it&fs=1&[/flash]
Volevo poi rispondere a un commento che ha fatto Michelangelo l’anno scorso dopo la visione a Torino.
Come ho scritto più sopra, penso che certi approfondimenti di carattere estetico/culturale siano stati omessi volutamente, per evitare di donare al gangbangin’ ulteriore fascino rispetto a quello che ovviamente già riscuote tra i ragazzini afroamericani. Senza contare che le derive musicali sono irrilevanti, nel senso che il gangsta-rap (a cui penso tu ti stia riferendo) ha sicuramente contribuito a far conoscere il fenomeno a livello mondiale, ma anche da come viene presentata la situazione nel film, si capisce bene che in realtà le gang sono più che altro una neighborhood thing.
Per quanto riguarda la presa di posizione, io ce l’ho vista eccome, ed è pure nettissima. O pensavi che alla fine Peralta avrebbe dovuto prendere le parti di una gang piuttosto che di un’altra?
Comunque è una visione assolutamente consigliata, e data la proiezione al festival di Torino dello scorso anno, spero che venga presto pubblicato in dvd anche da noi.