La festa di compleanno di un ricco industriale danese sessantenne, si trasforma in una drammatica (ma a tratti anche grottesca) resa dei conti in famiglia.
Terzo film di Thomas Vinterberg (che, se non sbaglio, s’intravvede in una comparsata nel ruolo di un tassista), sicuramente il suo più famoso e pluripremiato - oltre che primo film girato sotto il giuramento Dogma 95 - che prende di mira il prototipo della famiglia alto-borghese europea, attaccando e condannando il cosiddetto “patriarcato” (parola abusatissima e recentemente tornata di gran moda, qualunque cosa significhi).
All’epoca della sua uscita causò un certo scandalo e fece parecchio discutere.
Io lo trovai una palla micidiale. Il Dogma era un bluff e si sgonfiò in poco tempo anche se nel frattempo ci caddero in molti. Anche ad Hollywood. Ma questa è un’altra storia.
Io lo trovo visivamente fastidioso per via della sua pessima qualità cinematografica. Ci metto sempre un po’ per abituare gli occhi non solo alla fotografia digitale scadente ma anche a quella MdP sempre in bilico. Questa è una delle poche critiche negative che posso muovere al film.
Uno di quei film che vorrebbero tanto “stupire i borghesi”. Ma che già all’epoca, 25 anni fa, non si stupivano affatto. Per fortuna Vinterberg dimostrerà il suo vero talento parecchio tempo più tardi, specie con “Il sospetto” e “Un altro giro”. Lontano dal Dogma…