Io lo vidi al cinema ad 8 anni con i miei genitori e ricordo grande partecipazione, entusiasmo ed eccitazione, uscì dal cinema con la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo grandioso, enorme. Era il film che un bambino di 8 anni doveva vedere. Durante la visione avevo provato tutto, paura, avventura, affetto, trepidazione, stupore, meraviglia, inquietudine e me ne sarei ricordato per molto molto tempo. L’ho rivisto 36 anni dopo assieme ai miei figli (che suppergiù hanno l’età che avevo io all’epoca) e naturalmente mi ha fatto un effetto diverso, anche se non necessariamente negativo.
Tra i vari film di Spielberg E.T. non è uno di quelli che è invecchiato meglio, mi riferisco prettamente ad un discorso estetico, di forma. Gli effetti speciali risultano più datati di qualsiasi sua produzione dello stesso decennio o persino precedente (anche se poi per il trentennale è uscito il bluray parzialmente rivisto e corretto con l’ausilio della computer grafica, che nell’82 non c’era). E’ vero, i tempi del racconto sono estremamente più lenti di quelli ai quali siamo abituati oggi in sala (ma pure questo non è per forza un male) ed è vero anche che in modo più marcato rispetto ad altre sue pellicole qui Spielberg cerca testardamente la commozione, il sentimentalismo, la sintonia emozionale con il suo spettatore di riferimento. Ma chi è lo spettatore di riferimento di E.T.? Un pubblico di bambini. La retorica, la melensaggine, il languore, il buonismo sono universi semantici sconosciuti ai bambini, loro si dispongono in modo totalmente recettivo e privo di filtri a vivere ciò che Spielberg racconta e che Elliot, il protagonista di 11 anni, vive in prima persona. Ed esattamente come si crea una simbiosi tra Elliot ed E.T., se ne crea una uguale e parallela tra i piccoli spettatori e il film.
Oltre che un “classico” del cinema di fantascienza e avventura per ragazzi, il film rimane un paradigma universale di accoglienza, solidarietà, generosità, umanità, protezione, fratellanza, curiosità verso la diversità. E’ la versione di Incontri Ravvicinati per i piccoli. Inquadrato in quest’ottica anche l’aspetto più grossolano e meno raffinato dell’astronave, della creatura stessa (per cui Rambaldi vinse l’Oscar), il punto di vista “narrativo” ossessivamente incentrato ad altezza bambino, una sceneggiatura a tratti simbolica e stilizzata (gli scienziati cattivi mai inquadrati in volto, affinché siano esclusivamente una “minaccia” incombente, senza una faccia; tutta la prima parte giocata sui dettagli, sulle luci, su piani stretti; la costruzione estremamente “ingenua” del trasmettitore stellare, etc.)sono tutti elementi che trovano una fisiologica giustificazione.
Spielberg gioca in modo completamente diverso in E.T., perché diversa è la finalità che si propone di ottenere. Ne Lo Squalo la bestia non si vede mai, è dosata col contagocce e per buona parte del film ne aspettiamo ansiosamente la comparsa. In E.T. l’alieno è in scena nel primo fotogramma, lo seguiamo da subito e lo vediamo continuamente. Spielberg non ci vuole spaventare (anche se un filo d’inquietudine fa comunque parte del gioco), le atmosfere non possono essere giocoforza quelle de Lo Squalo. E.T. è un film inclusivo e non esclusivo, Elliot accoglie, Martin Brody uccide il predatore, con il quale è impossibile instaurare qualsiasi forma di comunicazione e condivisione. Cionondimeno E.T. ha momenti fortissimi ed intensamente drammatici. Continuo a trovare sconvolgente quando Elliot urla disperatamente agli scienziati che E.T. era venuto appositamente per lui, aveva scelto lui, aveva cercato lui, e separarlo da Elliot non potrà che ucciderlo. E’ un legame assoluto che sta per essere spezzato, quello di due fratelli, ancorché interplanetari, ed Elliot lo vive nella più tragica delle condizioni. Non ci si mette molto a capire che Elliot è il piccolo Spielberg (pure lui nato e cresciuto nella provincia americana, con una famiglia sentimentalmente instabile e con un amico immaginario alieno, venuto apposta dallo spazio per lenire il dolore del divorzio dei genitori).
La Columbia Pictures all’epoca defenestrò il copione ritenendolo “uno stupido film della Disney”, Spielberg dovette rivolgersi alla Universal. Il Times in modo illuminante scrisse: “Criticare E.T. in termini ordinari è come criticare le tecniche di struttura dell’Iliade, le motivazioni dei personaggi di Cenerentola o la zoologia di King Kong. Come loro E.T. è passato nell’universo delle mitologie, dove contano solo le leggende.”. Oscar anche per le meravigliose musiche di John Williams. Ah…ai miei figli è piaciuto moltissimo!