Beh, che dire…
è sicuramente un western atipico almeno quanto lo è il Grande Silenzio…
anche qui c’è una rottura dei canovacci classici non indifferente.
Questa volta al centro del film non c’è il solito pistolero infallibile dai buoni principi che parte con un’idea e finisce con quella.
No, qui il pistolero infallibile ricopre una parte, a mio avviso, marginale rispetto a quella di Volontè (che dimostra qui di essere un attore superiore)…
come avete notato, infatti, Milian passa in secondo piano, ma questo perchè il protagonista del film non è lui, ma il Professor Fletcher, il cui ruolo (grazie soprattutto a un’interpretazione magistrale di Volontè) è in un certo senso rivoluzionario.
Qui non si combatte contro un nemico, ma contro se stessi.
L’evoluzione di Fletcher è più che altro una devoluzione, un processo naturale nella mente di un uomo abituato a subire che si ritrova ora a scoprire una forza che quasi ignorava di avere.
E questo processo inizia semplicemente impugnando una pistola, a sottolineare il fatto che per un uomo basta veramente poco per rinnegare i propri principi quando si è investiti da una “Sensazione di potenza”
afferrare una pistola, dalla forma così naturale, che si adatta perfettamente alla mano…e sparare quasi senza accorgersene e centrare il bersaglio, come se fosse la cosa più naturale del mondo
ecco, è lì che avviene, a mio avviso, la rivoluzione di Fletcher.
E’ un ritorno dell’uomo allo stato di natura.
Partito dalla civiltà, dive quello che conta è ciò che sta fuori, Flietcher si ritrova ora a confrontarsi con un mondo arretrato, dove quella stessa civiltà è vista come una cosa sensazionale, fuori dal normale, strana insomma.
Ed è poi la ribellione dell’uomo, stanco di una sua invenzione (la civiltà, che tuttavia lo richiama in più occasioni, senza riuscire, tuttavia a fermare questo processo inarrestabile), che prende coscienza della propria forza e soprattutto del fatto che è con la forza (che è l’intelligenza unita con la spietatezza) a porlo in una posizione superiore, dalla quale guidare poi gli altri uomini, che sono pari agli animali, perchè ininfluenzati da quella stessa civiltà che, tuttavia, in un certo senso, rifiuta.
Ma senza rinnegarla ed infatti è memorabile
il dialogo con Wallace, la spia della Pinkerton, in cui fa uscire fuori tutto quel processo che lo ha trasformato da un uomo vuto, capace solo di subire la vita, in un uomo capace, invece, di guidare gli altri, consapevole del fatto che la violenza (prima aborrata) è, in realtà, uno strumento essenziale che, portato ai limiti estremi,edifica l’uomo al di sopra del mondo.
“Bisogna superare il limite della violenza individuale che è reato, per raggiungere quello della violenza di massa, che è storia”.
In conclusione, chi non ha mai visto questo capolavoro assoluto, aldilà del genere di apparteneza, del cinema italiano, ha ora la possibilità di godere appieno di una “lezione di filosofia” made in Sergio Sollima.
GRANDE!