Buon film che riesce a tenere alta la tensione ed il fiato sospeso per più di un’ora e mezza, nonostante la location unica e la prevalenza in scena di soltanto due personaggi.
In seguito ad un incidente durante una scalata in montagna un ragazzo muore; con lui quel giorno c’erano la fidanzata e una carissima amica.
Passa un anno da quel tragico evento e la compagna non ha più avuto il coraggio di arrampicare. L’amica allora la convince a reagire e la porta a scalare una pericolante ed arrugginita torre di trasmissione radio che si trova abbandonata in mezzo al deserto in attesa di essere demolita.
Ovviamente le cose andranno male e le due ragazze rimarranno bloccate a centinaia di metri di altezza per giorni, sotto un sole cocente e senza la possibilità di comunicare con nessuno.
Il film è super accattivante, grazie anche ad un plot twist che spiazza ed aiuta a ravvivare l’interesse e la tensione.
Ce la faranno le due spregiudicate climbers a salvarsi?
Guardato con zero aspettative e sinceramente, al netto di qualche cazzata di troppo (“E’ come la pole dance, daaaiii!”), mi è passato velocissimo tenendomi costantemente schiacciato alla poltrona. Anche per me fa bene il suo lavoro, ma il colpo di scena l’ho odiato. Problema mio eh, ma questi espedienti tipo sogno/incubo/immaginazione usati così non li sopporto.
C’è Jeffrey Dean Morgan ma si vede per pochi minuti.
Ecco un altro #vistoinaereo, non gli do la sufficienza, si la tensione regge in un primo momento, poi si passa inevitabilmente nel delirio e nell’improbabile, per certi versi mi sento di accostarlo al contemporaneo la casa in fondo al lago, dove il film parte bene, MOLTO bene, poi deraglia inevitabilmente.