Beh, lo sport per Moretti (che era pro di pallanuoto) e sempre stata una metafora della vita, qui pare di vedere parti di Palombella Rossa, e emntre si ride a vedere i cardinali che giocano a volley Moretti ci mette del suo con qualche commento filosofico, vedi Darwin. Insomma, per dirla con lui, non c'entra, pero
c’entra.
Senza contare le partite di pallone disseminate in “Bianca” e ne “La messa è finita”… diciamo che l’inserto “sportivo”, più o meno ampio, è sempre stato una caratteristica morettiana… però magari nei primi film, oppure diciamo fino a “Palombella Rossa”, che è il film in cui la metafora sportiva morettiana giunge al suo apice, funzionava perfettamente… adesso magari, da autore più adulto, forse qualche volta potrebbe pure farne a meno… e lo dico da morettiano della prima ora…
completamente d’accordo
il film non è male ma mantiene molto meno di quel che promette
dopo i primi 20 minuti pensavo di essere di fronte a un capolavoro mentre invece tutto si sgonfia tristemente e anche il buon finale non risolleva le sorti del film
Ieri sera, su CIELO, ho visto Angels & Demons ed è stato praticamente impossibile evitare di fare un parallelismo (tanto che alcune comparse porporate mi son sembrate le stesse in entrambi i film) tra la pellicola di Ron Howard e questo film di Nanni Moretti che considero la “risposta italiana” alla mania di complottismo occulto di stampo vaticanista architettata dalla nuova “gallina dalle uova d’oro” della letteratura d’evasione - alias Dan Brown.
Per meglio comprendere il senso di un film come Habemus Papam: agli intrighi di palazzo e alle sette seicentesche si contrappone la visione morettiana della città-stato del Vaticano in cui tutto è al contrario di come comunemente si pensa: i preferiti anziché lottare per la poltrona papale fanno di tutto per evitare l’elezione a Sommo Pontefice e fanno in modo di eleggere Papa un ignaro individuo (padre Melville) lontanissimo dalla lista dei (appunto) papabili.
Moretti rovescia tutto: alle pistolettate, alle marchiature degli antichi “Illuminati” e agli avvelenamenti a base di eparina, contrappone un grottesco torneo di pallavolo e le guardie svizzere appaiono poco intriganti e molto più malleabili; mentre nel film di Howard è Langdon, esperto di storia dell’arte, esoterismo e simbologia occultista ad essere chiamato dalla Gendarmeria Vaticana per risolvere i problemi - deve ritrovare quattro cardinali minacciati di morte atroce - qui è Brezzi (lo stesso Nanni Moretti in veste di psicanalista separato) che viene incaricato di ritrovare un Papa umanissimo e fuggiasco, gia bello che eletto, contro la sua volontà e in piena crisi d’identità. La stessa crisi d’identità che minaccia il futuro della Chiesa Cattolica Romana di Dan Brown?
In un certo senso sì.
Per quanto mi riguarda, momento stracult del film…
Devo dire che la seconda e la terza visione, nel mio caso, hanno decisamente fatto salire le quotazioni del film: da una parte, del resto, avevo troppe pietre miliari scolpite di Moretti (sia come regista, che come attore) per giudicare serenamente soltanto l’ultima pellicola che peraltro individua indelebilmente disagi e drammi del vivere contemporaneo non trascurando momenti di sano umorismo per stemperare l’altmosfera in parte…
…probabilmente, sia come tecniche che come contenuti, ritroveremo in tale ultima fatica qualcosa del precedente e mi aspetto postiate al più presto i primi commenti subito dopo la visione completa. :oops:
In questo frangente storico mi sono sentito in dovere di fare una bella visione “a tema”…
Siccome, come sempre, faccio molta fatica a conformarmi e visionare quello che è sulla bocca di tutti, ho deciso di lasciar perdere il film di Berger e mi sono dedicato a questa pellicola di Moretti, che all’epoca avevo scelto di non vedere.
Il fatto è che rimasi estremamente deluso quando vidi al cinema La stanza del figlio, un film ben fatto, per carità, ma che trovai estremamente lontano dal Moretti che avevo amato (quello dai fine '70 ai primi '90), per cui da quel momento in poi rimasi “segnato” e non vidi più nessun nuovo film del sor Nanni.
A tanti anni di distanza, mi sono sentito pronto per dare al “nuovo” cinema di Moretti una seconda possibilità… e meno male!
Questo Habemus papam è davvero un film potente. Fin dai primi minuti Michel Piccoli è grandioso, maestoso, gigante. Difficilmente vengo colpito dalle performances degli attori ma qui davvero bastano pochi piani per rendersi conto che il protagonista riesce a coinvolgerti emotivamente in maniera vibrante soltanto con degli sguardi, delle increspature della labbra, delle espressioni facciali semplici che non so come sono in grado di trasmetterti l’enorme sconvolgimento emotivo di cui è preda il suo personaggio. Che si tratti del cannibale di Themroc o del santo padre, Piccoli sa sempre sublimare l’essenza dei personaggi che interpreta e restituirla agli spettatori autentica e potente.
E Moretti si dimostra un regista maturo ed esperto, che sa fare un sapiente uso di piani ed inquadrature, nessuna scelta è fatta a caso e sono parecchie le occasioni in cui ti rendi conto che il tal campo lungo o il tal totale in interni è davvero particolarmente significante, che parla e comunica più di quanto saprebbe fare un personaggio del film.
E poi, a un certo punto, quando meno te lo aspetti… Arriva lui! Lui che già era entrato in scena da quaranta minuti ma che, a partire dalla partita a scopa in poi, fa lo switch ed attiva la modalità “Moretti on”, tirando fuori tutto d’un tratto la gigioneria, il sarcasmo, l’argutezza (e volendo pure il narcisismo) dei suoi personaggi che tanto ho amato da Ecce Bombo in poi.
In questa ottica è superlativa tutta la parte dedicata al torneo di palla a volo dei cardinali, che mi ha ricordato davvero da vicino i giochi sulla spiaggia dei gangsters bambini di Takeshi Kitano in Sonatine.
Insomma, a mio aviso un ottimo film, revisione obbligata per tutti quanti in questo periodo!!!
Ok. Comunque adesso, caro Frank, recupera il film di Berger. Senza aspettare 14 anni. O un nuovo Papa. Che potrebbe essere la stessa cosa…
Son felice che tu abbia apprezzato il film. Però mi incuriosisce questa cosa che ti è successa dopo la visione de “La stanza del figlio”; faccio fatica a capire questa “delusione”. È vero, quello è un film lontanissimo dal canone morettiano (in senso stretto), però è pure un film delicato e poetico, senza retorica (volutamente attaccata dall’interno, dopol’omelia firmata dal prete) e senza patetismi. Certo, si arriva a un film doloroso e malinconico, ma talmente toccante e chirurgico che si fa fatica pure a rivederlo. Quindi mi sorprende davvero questo tuo distacco, e sarebbe bello saperne di più.
Sai, ora mi è difficile ricordare e ricontattare le sensazioni ed i vissuti, si sta parlando di più di 20 anni fa (!).
Ricordo solo la delusione per un film molto simile ad un certo cinema italiano “standard”, intimista ed un po’ monotono, un film insomma che per tematiche e toni si conformava alle produzioni dell’epoca (drammi o commedie incentrati sulla crisi della famiglia borghese), che io trovavo senza verve e senza appeal.
Mentre invece mi aspettavo una Morettata.
Ma questo è quanto riesco a mettere a fuoco ora, forse non è tutto, forse non è proprio così.
Semplicemente penso che probabilmente allora non ero pronto ad accettare un’evoluzione del regista in una direzione diversa da quella che mi aspettavo io.
Sono contento cmq di essermi “riconciliato” col cinema di Nanni!