mi si permetta di aggiungere un’ultima cosa: un conto sono i termini desueti, arcaici etc etc…
altro conto sono i termini tecnici.
voglio dire: se un critico sta scrivendo una recensione di 5 righe su film tv, allora ovviamente sarà necessario rendersi conto che si sta riassumendo una trama e si stanno offrendo al lettore delle valutazioni generali sul film in questione per invogliarlo, o meno, a guardare quel film.
il discorso però cambia -secondo me eh- quando si tratta di un saggio, o una scheda più approfondita.
lasciando perdere le “ostentazioni” (queste sì, certamente, deleteree) io credo che un critico debba svolgere il suo ruolo di critico, e questo implica che è legittimato ad usare il suo linguaggio, un linguaggio necessariamente specialistico.
il lettore non passivo farà bene, come suggerisce tuchulcha, a “favorire la sua istruzione” (per citare un film che adoro) prendendo -quando necessario- anche il vocabolario in mano.
personalmente, quando trovo concetti che non capisco leggendo qualcosa non me la prendo con l’autore… se davvero mi interessa quanto ha scritto mi sforzo di colmare la mia lacuna, non pretendo certo che l’autore debba sentirsi in dovere di scrivere un concetto in 10 righe laddove, usando la terminologia appropriata, ne basterebbe una.
ribadisco, però, che il mio ragionamento non contempla l’ostentazione fine a se stessa (ma l’ostentazione è sempre fine a se stessa).