Interessante dibattito sul nucleare

Peccato che il nucleare affatto non sia una scelta rapida. Parliamo di una decina d’anni per costruire una centrale sommati ai 5 da cui Scajola dice di voler riempire l’italia di una tecnologia che, non mi stancherò mai di dirlo, al momento della costruzione sarà già obsoleta.

Comunque se Chernobyl è stato un disastro dovuto principalmente ad incompetenze umane (tralasciando la discutibile fattura dei reattori RBMK) si contano svariati incidenti in cui ci si è cacati sotto.
Tanto per dirne uno: in USA nel 79, il memorabile episodio di Three Miles Island, in cui a causa di una rottura non segnalata di una valvola il nocciolo s’è parzialmente fuso. S’è scampato il disastro per non so quale culo enorme. Da quella data lì negli States non si costruisce più una centrale del genere.

Pure in Italia s’è avuta una leggera perdita di radioliti nella centrale di Garigliano. Tra l’altro è l’unica chiusa nel 78 per problemi di varia natura, molto prima del referendum dell’87.

L’onesta non mi pare una dote della classe politica italiana in generale.
È come meravigliarsi che in Svezia sono tutti biondi.

Non c’è dubbio, ma chi si vende per integerrimo paladino del bene comune e poi ne fa di ogni mi fa comunque e sempre incazzare come una bestia.

Ci vorranno pure dieci anni per una centrale, ma ragazzi, ripeto, io non vedo alternative…piuttosto si, si costruiscano centrali di quarta generazione.

Per quelle devi aspettare 20-30 anni minimo. 20-30 anni non sono pochi. Non sei attento in classe!!!111!1!1 :tuchulcha

Io di alternative ne vedo eccome, a partire dal basare un’economia energetica sul risparmio e non sul maggior bisogno di energia. Ridisegnare case, elettrodomestici, passaggi industriali in questo senso: la tecnologia del domestico fa passi da gigante ormai di sei mesi in sei mesi. Educare le persone al risparmio.
Spegnere obbligatoriamente le luci delle vetrine dei negozi e dei cartelloni pubblicitari la notte
Via elettrodomestici troppo vecchi o troppo esosi d’energia. Bonus fiscali consistenti per chi ne compra di nuovi, magari dalle stesse aziende produttrici che potrebbero fare sconti grazie al riciclo dei materiali dei prodotti obsoleti ed al risparmio sull’utilizzo di materie prime nuove.
I frigoriferi d’inverno devono prendere l’aria fredda dall’esterno, non raffreddare quella calda all’interno della casa. È la roba più idiota che esista se uno ci pensa.
Togliere dai coglioni canone Enel, liberalizzare la produzione al punto che case/gruppi di case/quartieri se la possano produrre da soli l’energia e siano autosufficienti. Tetti massimi di produzione Kw per casa o azienda a seconda delle esigenze per evitare sprechi, l’esubero viene venduto o dato in prestito ad abitazioni vicine.
Le case vanno costruite in modo da incanalare l’aria fredda ed espellere quella calda nei mesi estivi e viceversa a seconda delle correnti (non è fantascienza se qualcuno ha dei dubbi, è una roba già messa in pratica).
Via i condizionatori, via giacca e cravatta d’estate, se uno le indossa: carcere a vita.
Eolico in Friuli, Solare al sud.
Per fare tutto questo ci vuole moooolto meno di 20-30 anni. È importante che le politiche ed i piani energetici statali si muovano anche in direzioni come queste.

La ricerca sul nucleare si potrà pure fare, ma dal momento che per ora vengono usate materie prime che non sono infinite sarà sempre una falsa speranza. Quando finiscono sulla Terra cosa facciamo, spendiamo miliardi di euro per andarle a cercare ed estrarre sulla Luna o su Marte?
Gli unici elementi che realmente hanno un ciclo infinito sono sole, vento, acqua. Guardacaso sono le uniche cose di cui ha bisogno la Vita per continuare ad esistere.

Le centrali sono una “soluzione di retroguardia” e non risolveranno il problema
Rifkin, l’energia fai-da-te
così ci salveremo dal nucleare
Dopo l’incidente di Krsko il guru dell’economia all’idrogeno spiega perché l’Italia sbaglia

http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/ambiente/rifkin-idorgeno-italia/rifkin-energia/rifkin-energia.html

A mio avviso il vero terrorismo psicologico lo generano quelli che impongono la realizzazione del nucleare, paventando scenari apocalittici se in Italia non s’installano subito 4 centrali.

Comunque:

Intervista di Francesco Piccioni con Alberto Di Fazio - da il Manifesto
Alberto Di Fazio è astrofisico teorico presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), membro della Commissione Nazionale Cnr/Igbp (Programma Internazionale Geosfera-Biosfera), responsabile italiano del Progetto Igbp/Aimes (Analysis, Integration, and Modeling of the Earth System), presidente Global Dynamics Institute, accreditato presso la Conferenza delle Parti sotto la Unfccc (Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici).

Il petrolio è aumentato del 500 per cento in sei anni, mentre la produzione è di fatto stabile da tre. Cosa sta succedendo?

Non si può più fare quello che si è fatto per oltre 100 anni: pompare sempre di più moltiplicando i pozzi. Su più di 90 paesi produttori, 62 hanno raggiunto il «picco» e sono quindi in calo; quelli che non l’hanno raggiunto - come l’Arabia Saudita e altri minori - non riescono ad aumentare l’estrazione in misura sufficiente a compensare. Gli Stati uniti hanno «piccato» per primi nel 1970, dopo aver «carburato» col petrolio due guerre mondiali e un grande sviluppo economico. Il Venezuela ha piccato nel '70, così come la Libia; l’Iran nel '74. Gran Bretagna e Novegia tra il '99 e il 2001. La Russia lo aveva fatto una prima volta per motivi politici (il crollo dell’Urss), poi si è ripresa ma ha piccato di nuovo nel 2007, senza peraltro mai raggiungere il livello precedente. Di conseguenza, l’offerta è praticamente stabile - tra 86 e 87 milioni di barili al giorno (mbg) - mentre la domanda cresce rapidamente. Perciò il prezzo non può che aumentare.

Eppure le compagnie petrolifere rispondono che anni di prezzo troppo basso hanno disincentivato nuove esplorazioni.

Sono dichiarazioni di natura politica. Se ascoltiamo geologi o ingegneri che lavorano per conto di queste compagnie capiamo che c’è stato tutto il tempo - 20 o 30 anni - per cercare ancora. Ci spiegano che la tecnologia esplorativa è migliorata di un fattore 500 o 600 rispetto al 1963, quando venne raggiunto il «picco» delle scoperte. Si utilizzano satelliti, strutture a ologramma, infrarossi, cose che non ci sognavamo neppure. Negli Usa, tra il '70 e l’80, c’è stato un boom di trivellazioni, quadruplicando il numero dei pozzi. Ciò nonostante, in quella decade, la loro produzione è progressivamente calata. Non è mancata la ricerca, ma i risultati.

Sentiamo spesso di «grandi giacimenti» appena scoperti, come in Brasile o nell’Artico.

Quello in Brasile è stimato tra i 10 e i 20 miliardi di barili. E’ «grande» per il Brasile, perché porterà lì ricchezza ed energia. Ma a livello mondiale, rispetto ai 1.000 miliardi di riserve dichiarate esistenti - la metà di quelle iniziali - questo giacimento sposta il «picco» di due o tre mesi. Quello sotto l’Artico non dovrebbe neppure avvicinarsi alle dimensioni di Ghawar in Arabia o di Cantarell in Messico. E in ogni caso, per poterlo sfruttare, sarebbe necessario un riscaldamento globale tale da sciogliere la calotta polare. Non proprio una cosa da augurarsi. Ci sarebbe bisogno di trovare subito, ma proprio subito, 2-300 miliardi di barili per spostare il «picco» di cinque o sei anni.

Quanto pesa il petrolio nel bilancio energetico globale? E si potrebbe sostituirlo, in modo credibile?

Il 70% del raffinato va in combustibili da trasporto (benzina, diesel, cherosene, ecc). Il 98% di questi combustibili viene dal petrolio; così come tra l’85% e il 90% dell’energia totale proviene dagli idrocarburi. Solo tra il 7 e l’8% viene dal nucleare. Il resto, pochissimo, dalle rinnovabili. Per rimpiazzare petrolio e gas naturale non c’è praticamente nulla, sulla terra. L’idrogeno non esiste in forma libera, ma va fabbricato impiegando più energia di quella resa poi disponibile. Per il carbone si parla di centinaia di anni, ma in realtà si tratta di un minerale a più bassa intensità di energia, che ne richiede molta già per l’estrazione. Il carbone realisticamente utilizzabile basterebbe per qualche decina di anni. Tra le «non rinnovabili» c’è anche l’uranio, su cui esiste una stima molto precisa di Rubbia e di David Goodstein (del Caltech): ne abbiamo per 20 anni da adesso. Usiamo 14 Terawatt di energia; a volerle fare col nucleare servirebbero 10-15.000 centrali in 20 anni. Una ogni giorno e mezzo! Anche dal punto di vista dei materiali (acciaio, cemento, ecc) è impossibile. Negli Usa ce ne sono 104 e in tutto il mondo poco più di 400. Il nucleare potrebbe essere al massimo un «ponte» a cavallo del picco del petrolio. Ma anche le rinnovabili lo sono. Per fare le pale eoliche o i pannelli solari bisogna andare a prendere l’alluminio, fare attività di miniera; e questa si fa con l’energia del petrolio, mica con pala e piccone. Ma dove sta tutto questo alluminio? Questo significa che dipendiamo dal petrolio anche per le rinnovabili.

Che cosa bisognerebbe fare, allora?

Tirare il freno a mano, conservare petrolio e gas rimanenti per fare queste benedette rinnovabili, finché è possibile. Anche la tecnologia proposta da Rubbia ha bisogno di energia da petrolio. Non possiamo fare le acciaierie con un’economia che va a legna. E nemmeno con l’energia nucleare, perché una centrale deve essere a temperatura moderata (2-300 gradi) altrimenti fonde il nocciolo. Noi potremmo concentrare quella metà di petrolio rimasta, risparmiando sui trasporti di merci voluttuarie e salvaguardando quelli «necessari». E dobbiamo tener conto che anche l’agricoltura, al 90%, dipende dal petrolio. Senza, la produzione agricola si ridurrebbe da 10 a 1.

Ma come sono conciliabili capitalismo e decrescita?

In nessuna maniera. Il capitalismo è fondato su un’equazione che è un esponenziale. Ogni incremento annuale è proporzionale a un certo coefficiente moltiplicato il capitale stesso. E’ una curva che cresce sempre di più, come quella dell’interesse composto. Il capitalismo è reinvestimento e crescita. Ma non esiste un investitore che cerca di guadagnare meno di quel che investe. E quindi l’intervento pubblico sarà obbligatorio. Mi soprende che se ne cominci a rendere conto la destra, come fa Tremonti nel suo ultimo libro, dove dice apertamente che il mercato non si può più regolare da solo. Mi sorprende che non lo dica invece più la sinistra. Si capisce ormai che è in arrivo una crisi peggiore del '29, ma non si dice il perché. Questa è in realtà più grave, perché nel '29 si era partiti da una bolla speculativa temporanea. Qui avviene per un fatto naturale, geologico. Finiti petrolio, gas e carbone, nessuno ce li rimette più.

Tutto questo era già stato anticipato dal Club di Roma, addirittura nel 1972. Poi non si è fatto nulla. Quelle previsioni furono definite ad un certo punto sbagliate. Come stanno adesso le cose?

Alcuni governi, come Gran Bretagna e Usa, hanno costruito delle task force interministeriali per gettare fumo. Hanno prodotto libri per dire che non era vero, ovviamente senza alcun fondamento scientifico. Il Club prevedeva la crisi economica mondiale nel 2020-2030, il crollo della produzione agricola nello stesso periodo, il calo della produzione di greggio e gas naturale (ma non l’«esaurimento»!), e il picco della popolazione globale un po’ più in là nel tempo, nel 2040-50. Sulla popolazione ci hanno preso in pieno: 6 miliardi di persone nel 2000 e così è andata. Sulla crisi industriale, mi sembra proprio che ci stiamo arrivando. Sulla produzione agricola ci siamo già: il prodotto agricolo pro capite ha cominciato a flettere nel '98, ora anche quello totale. Basta guardare i grafici da loro prodotti nel '72, nel '92 e poi ancora nel 2002 per vedere che in tutte e tre le previsioni si calcolava che le risorse nel 2000 sarebbero state consumate per un quarto e quindi, sapendo che il «picco» si colloca sulla metà, invitavano ad agire in tempo. Semmai i loro calcoli sono stati fin troppo ottimistici, visto che siamo sul «picco» già ora invece che nella terza decade di questo secolo. Loro speravano che il sistema avrebbe reagito subito alla scarsità a alle crisi locali, riallocando nella maniera più saggia le risorse. E invece vediamo che persino il protocollo di Kyoto - un puro esperimento di riduzione delle emissioni del 5% (mentre servirebbe l’80%) - è rimasto lettera morta. Il modello, infine, era superottimistico perché non prevedeva né guerre né conflitti sociali di grande ampiezza. E invece, oltre quelle già avvenute o in atto, c’è una pletora di analisti che ci mostrano come altre se ne stiano preparando. E più violente delle attuali.

Oggi al tg3 Paolo Scaroni, l’amministratore delegato dell’Eni, ha detto che per i prossimi dieci anni per l’Italia non ci sono alternative agli idrocarburi per il fabbisogno di energia… e che bisogna convincere gli stati come gli Usa, che sprecano energia in abbondanza, a cominciare ad attuare una politica seria di risparmio energetico altrimenti sarà impossibile ridurre il prezzo del petrolio

Non ti dò torto. La giusta misura sta nel mezzo.

Scaroni nel 2005 (Sole 24 Ore) aveva anche detto che ci sarebbe stata benzina fino al 2070 e che sarebbe scesa sotto il prezzo di un euro.
Per dire quanto valgono le sue parole.

  				Originally Posted by [b]Paolo Scaroni

[/b]“…altrimenti sarà impossibile ridurre il prezzo del petrolio”
Avevo dimenticato la conclusione del suo discorso :smiley:

Posto un articolo sulla “misteriosa” fusione fredda:

http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2570

[i]di Stefano Vernacotola

Introduzione

All’Università di Osaka, il 22 Maggio 2008, qualche invitato al salone di Arata si sarà sicuramente chiesto se fosse stato invitato solamente per assistere al movimento del pistone di un motore. Certo, agli osservatori più attenti non sarà sicuramente sfuggito il particolare che il motore in questione era uno Stirling, uno dei più interessanti motori a combustione esterna.

Probabilmente, tuttavia, la maggioranza dei presenti era più interessata a vedere la fonte del calore alla base del movimento del motore, prodotto dalla fusione di atomi di deuterio gassoso su una matrice a struttura nanometrica di soli 7 grammi di palladio e ossido di zirconio, piuttosto che lo stesso motore Stirling, un’invenzione del 1884. Esperimento, questo di Yoshiaki Arata, che non solo conferma le intuizioni di Fleischmann e Pons ma che dimostra platealmente la possibilità di ottenere energia dalla fusione nucleare a bassa temperatura.

Sono passati quasi 20 anni da quando, il 13 marzo 1989, i chimici Martin Fleischmann dell’Università di Southampton in Inghilterra e Stanley Pons dell’Università dello Utah annunciarono alla stampa di essere riusciti a ottenere la fusione di atomi di deuterio (un isotopo dell’idrogeno), usando una cella elettrolitica con due elettrodi (platino + e palladio-) ottenendo elio insieme ad un certo quantitativo di energia in eccesso [1].

Eppure, l’esperimento di Yoshiaki Arata, padre del nucleare avanzato nipponico e delle ricerche sulla fusione calda, …

… e decorato nel 2006 dall’Imperatore, è stato accolto da un misterioso gelo mediatico mondiale, al pari delle molteplici conferme ottenute da importanti centri di ricerca pubblici e privati, compreso l’italiano ENEA [2], che si sono susseguiti in questi ultimi quattro lustri.

Venti anni di silenzio mediatico

All’ indomani del clamoroso annuncio di Fleischmann e Pons, con la scusa della scarsa riproducibilità degli esperimenti lamentata dai ricercatori e con la complicità di gran parte della comunità scientifica internazionale che accolse con scetticismo e sfiducia i risultati sperimentali, come al calar delle tenebre un’inesorabile cortina di silenzio è stata stesa sull’argomento.

E questo anche dopo l’emersione di alcuni retroscena della vicenda, quando, nel 1991, l’allora capo redattore scientifico dell’ufficio stampa del MIT Eugene Mallove (assassinato nel 2004 in circostanze misteriose [3]), ammise come l’importante relazione scritta dal Centro Ricerche sui Plasmi del MIT nel 1989 (che aveva avuto un’influenza non piccola nelle polemiche sulla fusione fredda), contenesse dei grafici in cui i dati erano stati modificati nel tentativo di evitare possibili cali nei finanziamenti della fusione “calda”[4], l’argomento Fusione Fredda continuò ad essere oggetto di censura, e, come ammesso dal premio Nobel Julian Schwinger, molte redazioni di riviste scientifiche si erano adeguate alle pressioni negative degli ambienti accademici verso la fusione fredda [5].

L’impressione è che questa censura continui ancora oggi; infatti, nonostante l’importanza del successo raggiunto in quest’ultimo esperimento di Arata, che in ultima analisi si limita a confermare ancora una volta gli innumerevoli successi sperimentali conseguiti da rinomati centri di ricerca pubblici e privati, la notizia resta nell’ombra. In Italia compaiono solo un paio di trafiletti striminziti sul Sole 24 Ore [6] e sul Messaggero [7], mentre, per uno strano scherzo del destino, lo stesso giorno, il ministro Scajola annuncia la decisione del governo di voler riprendere la corsa al nucleare tradizionale, notizia che chiaramente viene riportata in prima pagina, e con toni spesso trionfalistici, dalle principali testate giornalistiche.

Ma che cos’e’ questa fusione fredda? E’ una realtà scientifica? E’ veramente possibile ricavare dell’energia utilizzabile concretamente e che rimpiazzi l’energia prodotta utilizzando combustibili fossili o quella prodotta con la fissione nucleare?

La Fusione Nucleare Fleischmann-Pons

Come suggerisce il nome, la “fusione” nucleare implica la fusione di nuclei atomici.

Affinché avvenga una fusione tra due nuclei, questi devono essere sufficientemente vicini in modo da lasciare che forza nucleare forte predomini sulla repulsione coulombiana (i due nuclei hanno carica elettrica positiva quindi si respingono, un po’ come le estremità di 2 calamite con la stessa polarità).

Secondo la fisica classica, per fare avvicinare i nuclei di due atomi diversi tanto da vincere la repulsione coulombiana e fare agire il campo delle forze nucleari che innescano la fusione, bisogna creare delle condizioni di altissima pressione che si sviluppano con temperature altissime, dell’ordine di centinaia di milioni di gradi centigradi, come quelle previste negli acceleratori nucleari alla base del progetto I.T.E.R. [8], o di altissima densità, come avviene nelle stelle.

La fusione fredda ottenuta con il metodo Fleischmann-Pons, sfrutta invece le caratteristiche peculiari di alcuni elementi come il palladio che, caricati con idrogeno oltre un limite di saturazione, rendono possibile la fusione senza dover ricorrere alle alte temperature per innescare la fusione.
Dentro al cristallo di Palladio, secondo questa teoria, le molecole di idrogeno, in particolari condizioni di saturazione, si comportano un po’ come la struttura solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale “buca di potenziale”, producono una particolare fusione, senza emissioni radioattive, con produzione di elio, (il nuovo elemento che risulta della fusione di due atomi di idrogeno) e di un certo quantitativo di energia.

Ma da dove viene questa energia?

Semplificando enormemente una materia affascinante ma molto complessa, possiamo dire che ogni atomo, o meglio ogni nucleo possiede un energia potenziale che deriva dalla struttura atomica stessa, ed e’ questa energia che viene rilasciata durante una reazione nucleare. Si tratta di un energia enorme, anche di un milione di volte superiore a quella che può essere rilasciata da un eventuale reazione chimica che usi lo stesso elemento, come ad esempio quella prodotta della combustione dell’idrogeno.

Possiamo provare a raffigurarci questa energia potenziale come quella di una mela appesa ad un albero. Fintanto che il pomo resta appeso al ramo, non possiamo catturare questa energia, che può essere tuttavia misurata. L’energia potenziale viene rilasciata quando la mela, matura, cade dall’albero. A questo punto l’energia rilasciata può essere catturata, ad esempio mettendo una pala che azioni una dinamo sotto la mela.

E’ possibile sfruttare questa energia?

I vari esperimenti condotti da molteplici istituti di ricerca pubblici e privati dimostrano al di la’ di ogni ragionevole dubbio che è possibile ottenere delle reazioni nucleari a basse temperature con il metodo Fleischmann-Pons e le sue varianti come quelle suggerite da Giuliano Preparata o da Yoshiaki Arata.

Che si tratti di reazioni nucleari è anche provato dal fatto che simultaneamente alla produzione di energia si osserva anche la produzione di nuclei di elio. La mole dei documenti prodotti da questi centri di ricerca e’ enorme. A quanti volessero approfondire suggerisco l’ottimo rapporto dell’ ENEA [3] curato dal recentemente scomparso Giuliano Preparata, il quale perse il Nobel per la fisica in elettrodinamica quantistica, forse perchè si era sconvenientemente interessato alla fusione fredda piuttosto che a quella che va per la maggiore.

Tuttavia questi studi dimostrano soltanto la possibilità teorica di ottenere reazioni nucleari a basse temperature, mentre poco o niente e’stato fatto per cercare di catturare questa energia per fini pratici, cioè l’ingegnerizzazione di un eventuale pila a fusione fredda.

Una difficoltà non trascurabile deriva dal fatto che mentre l’energia di origine chimica o meccanica viene prodotta lentamente e quindi si diffonde in senso termodinamico, quella della fusione fredda è emessa in modo molto veloce, inizialmente in forma di un’eccitazione elettromagnetica che poi man mano degrada in termini di frequenza e, di cui, solo una piccolissima parte viene assorbita dalla materia circostante sotto forma di calore, che comunque può essere convertito in energia utilizzabile, come dimostrato dal funzionamento del motore Stirling nell’ esperimento di Yoshiaki Arata.

Tornando all’ esempio della mela sull’albero, bisogna ancora inventare un meccanismo efficiente per tradurre la forza rilasciata dalla caduta, in un energia utilizzabile per fini pratici (la dinamo).

Ma uno studio per cercare di sfruttare a pieno questa energia richiede delle competenze enormi che spaziano moltissime branchie della scienza, mentre oggi, purtroppo, la tendenza è finalizzata verso una specializzazione sempre più estrema.

Considerando poi che, ad esempio, sono passati quasi tre secoli tra i primi studi di Leonardo sul vapore all’ invenzione del sistema cilindro-pistone, e almeno venti anni dalle scoperte di Fermi nel 1934 alla realizzazione di un motore a reattore nucleare funzionante, è difficile pronosticare eventuali sfruttamenti immediati di tale scoperta, visto anche lo scarso interesse dimostrato dalla grande maggioranza del mondo scientifico e politico.

Conclusioni

Le prospettive aperte dai primi studi di Martin Fleischmann e e Stanley Pons sono a dir poco, entusiasmanti. Si apre la possibilità concreta di ottenere energia pulita abbondante ed a basso costo.

Non solo, oltre alla fusione fredda ottenuta con il metodo Fleischmann-Pons e le sue varianti, ci sono gli esperimenti delle trasmutazioni nucleari a debole energia, dei giapponesi Ohomori e Mizuno [9] e portati avanti in Italia dai ricercatori Iorio-Cirillo, che potrebbero rendere possibile l’eliminazione in sicurezza di sostanze radioattive indesiderate, come quelle prodotte dalla esistente industria nucleare.

E come non menzionare le scoperte dei due fisici italiani, Fabio Cardone e Roberto Mignani descritte nel libro “Deformed spacetime (Geometrizing Interactions in Four and Five Dimensions)” appena pubblicato dalla prestigiosa casa editrice tedesca Springer Verlag, sulle reazioni nucleari indotte dagli ultrasuoni?
Gli esperimenti che confermano le scoperte menzionate nel libro, sono stati condotti in Italia dal 2003 presso laboratori militari e civili con la collaborazione di tecnici militari (!) ottenendo il 100 per cento di ripetibilità del fenomeno.
Secondo Cardone e Mignani, le reazioni nucleari provocate dagli ultrasuoni, battezzate dai due fisici ”reazioni piezonucleari” permettono di liberare neutroni da elementi naturali inerti. Oltre alla produzione di energia e l’eliminazione di sostanze radioattive, i due fisici affermano che le loro scoperte potrebbero avere un clamoroso impatto anche in medicina, introducendo dei metodi per l’ eliminazione dei tessuti dannosi nel corpo umano, quali i tumori, mediante la loro trasformazione in elementi innocui che verrebbero facilmente espulsi dall’organismo [10].

Eppure, nonostante queste fantastiche scoperte che farebbero impallidire anche uno scrittore di fantascienza positivista, e le conferme sperimentali delle teorie alla base di questi fenomeni fisici, l’argomento della fusione fredda e’ ancora considerato tabù, ignorato dai grandi media e snobbato dalla scienza mainstream, rallentando la ricerca e la scoperta delle possibili applicazioni pratiche che potrebbero scaturire da queste innovative teorie.

La recente notizia dell’incidente al reattore nucleare sloveno, ci ricorda drammaticamente dei rischi collegati alla produzione di energia ottenuta con la fissione nucleare. Nessun reattore nucleare di x generazione potra’ mai ovviare ai limiti della fusione nucleare: radiotossicità intrinseca e penuria di materiale fissile.

D’altra parte la fusione nucleare “calda” che si cerca di perseguire con il reattore a fusione ITER, riduce, ma non risolve il problema delle scorie radioattive. La ricerca in questa direzione assorbe risorse economiche enormemente superiori rispetto a quelle necessarie per continuare gli studi sulla fusione fredda, e comunque, non garantisce la possibilità di poter sfruttare l’energia così prodotta, che richiederebbe delle soluzioni tecniche addirittura più complesse (e a tutt’oggi inesistenti) di quelle necessarie per sfruttare l’energia della fusione fredda.

Si rende quindi auspicabile la diffusione quanto più possibile di questa situazione, cui spero di aver contribuito anche se in minima parte, con questo breve ed incompleto articolo.

Stefano Vernacotola (vernavideo)[/i]

Obiettivo del progetto italiano KiteGen è produrre quanto un generatore atomico
Con 200 aquiloni su un anello ruotante si avrebbe una potenza di mille megawatt
Una centrale elettrica ad aquiloni l’ultima sfida all’energia nucleare
Il sistema funziona a un’altezza di 800-1000 metri dal suolo

http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/ambiente/nucleare2/centrale-ad-aquiloni/centrale-ad-aquiloni.html

:confused:e se si rompono i fili degli aquiloni? :confused: E se un aquilone colpisce in testa il figlio della sciura maria che ha appena visto il cacciatore di aquiloni e lo secca?:confused:
Boh, le stanno sparando tutte.

Allora la sparo anche io perchè non ci facciamo mettere nelle ruote come i criceti con la dinamo della bici collegata e corriamo tutti insieme?:confused:

Non ti viene in mente che magari i figli della sciura maria non avranno accesso nell’area della centrale, così come avviene in qualsiasi altra centrale e che gli aquiloni non saranno come quelli della Giochi Preziosi?

Mi viene in mente e non posso che sperare che tu abbia ragione.
Mica mi viene in tasca qualcosa a remare contro.
Ma non illudiamoci sull’energia a basso costo. Ce la faranno pagare cara pure se fosse prodotta dalle nostre scorregge.

Io però sono d’accordo con la proposta di BMW. Anzi, mi piacerebbe proprio. Villetta a Dubai e fuori BMW in una ruota da criceti che corre tutto il giorno e mi procura energia elettrica gratis. :smiley:

Se mi dai 3 pasti caldi al giorno e ogni tanto mi fai fare lo chaffeur e mi permetti di lavare il tuo parco auto (ovviamente a mano e con cera tutte le volte) non è detto che rifiuti…

Ok, done deal! :slight_smile:

Scherzi a parte, a me pare che questa idea degli aquiloni sia proprio geniale, sarebbe bello vedere un’implementazione pratica.

Fidati: se le centrali le aprono in Italia useranno proprio Giochi Preziosi per risparmiare.

Se ricordo bene I giuocattoli della Giuochi Preziosi costavano veramente un casino.

Meno male, così evitiamo brutte sorprese.

I due colossi americani dell’informatica entrano nel settore delle rinnovabili
Nuova azienda e una jointventure per non perdere il treno del fotovoltaico
Ibm e Intel scommettono sul sole
Il silicio dei pc finisce sul tetto
Le piccole imprese italiane: “Niente paura, anche da noi sono arrivate BTicino e Beghelli”

http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/ambiente/solare-2/solare-intel-ibm/solare-intel-ibm.html

Ormai in Italia siamo rimasti i soli a credere che il nucleare sia la soluzione migliore e a guardare alle tecnologie del passato invece che a quelle del futuro!!! Del resto gli esigui fondi stanziati per la ricerca nel nostro paese dimostrano chiaramente la mentalità ottusa di chi ci governa. :mad: