L' invenzione di Morel (Emidio Greco, 1974)

Sì, probabilmente è così, ma io sottolineavo anche il fatto che c’è una difficoltà tecnica: per poterlo inserire avrebbero dovuto aggiungere un qualche spezzone video della durata necessaria all’inizio (un logo o altro), altrimenti non ci sarebbe sincronizzazione.
Il commento audio è proprio “tarato” sulla versione televisiva: se anche fosse estrapolato il solo canale centrale della voce dei due commentatori rispetto alla banda audio completa, comunque non si potrebbe sovrapporre al video, perché ci sono diversi punti in cui non si avrebbe corrispondenza del commento (del parlato) con la scena commentata.

Se l’unica differenza tra i due master fossero i 10 secondi iniziali sarebbe bastato aggiungere in testa 10 secondi di nero (o col logo RHV o qualsiasi altra cosa) per ritrovare il sincrono è mantenerlo per tutto il film.

Il fatto è che i commenti audio fatti per RaiMovie (anzi, per RaiSat cinema) non vengono ceduti facilmente.
Io stesso cercai invano di comprare il commentary a I Guappi e lo stesso Alberto Farina (che li moderò tutti) dovette penare non poco per poter utilizzare nel DVD di Hanno Cambiato Faccia il commentary che registrò col padre Corrado…

Nessuna difficoltà tecnica, la sincronizzazione è una cosa banalissima da ottenere: basterebbe usare un software di mux (ad esempio Muxman) e impostare un delay sulla traccia audio, di 10 secondi o quello che serve :slight_smile:

Copio & incollo dal facebook della RHV:

“L’invenzione di Morel”, un lavoro che appartiene a quello che Gene Youngblood chiama “cinema amplificato”, si collega nell’intento autoriflessivo a storie di voyeurismo, quali “Mad Love” di Freund, “La finestra sul cortile” (1954) e “Psycho” di Hitchcock, “L’occhio che uccide” (1959) di Powell, “Il killer di Satana” (1967) di Reeves e “Le due sorelle” (1973) di De Palma, opere in cui lo spettatore cinematografico è chiamato a osservare protagonisti che, a loro volta, stanno osservando scene terrificanti o spiando altre persone. I molti film che ci mostrano esseri sinistri spiare non visti attraverso una finestra tendono a provocare una simile identificazione. Essi riflettono, parodiano o giocano variazioni sull’esperienza dello spettatore che ha scelto di entrare nel cinema e ora guarda fuori, dal suo posto buio, i terrorizzatori e le loro vittime la cui storia gli si svolge davanti: esattamente come in “Metropolis” di Lang, il fascio di luce della torcia di Rotwang che colpisce la terrorizzata Maria, duplica, all’interno del quadro, il raggio di luce che proietta quella stessa immagine sullo schermo per il nostro piacere. Questo non è il meno importante dei vari modi in cui le creature dello schermo reclamano affinità con noi. «De te fabula narratur, − sembrerebbe dirci il terror-maker; − hypocrite spectateur, mon semblable, mon frère».

Siegbert Salomon Prawer, “I figli del dottor Caligari”, Editori Riuniti, Roma, 1981, pp. 108-109.

Ieri sera ho visto per la prima volta, con moltissima fatica devo dire perché non è una visione facile, L’anno scorso a Marienbad, di Resnais.
Ebbene, il film vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 1961, è tratto dal romanzo L’invenzione di Morel (sceneggiato da Robbe-Grillet). Non c’è alcun dubbio che il film francese sia stato fonte d’ispirazione per Emidio Greco…

Approfittando del topic riportato “in auge” mi sono definitivamente incuriosito ed ho visto il film, che in passato avevo più volte mollato dopo pochi minuti stante l’assenza di dialoghi (ragione sciocca, lo so bene, ma che ci posso fare? Per la cronaca, le prime parole vengono pronunciate dopo trenta minuti circa) e una certa angoscia annessa. Bischero io, perché è un bel film, girato bene anche se ogni tanto c’è qualche inquadratura un pò “naïf”, John steiner tutto tirato a lucido è uno spettacolo e poi la storia in sè è decisamente clamorosa. Ho apprezzato parecchio alcune inquadrature a forte simmetria, vedi il corridoio con le camere da letto, che poi si sono viste amplificate con il grande kubrick in shining, il protagonista che una volta capito il giochino sfrutta le varie ripetizioni settimanali per capire certe cose (o magari per farle capire allo spettatore), la struttura del museo che in effetti è uno spettacolo, quasi una specie di cattedrale nel deserto. Altrettanto notevole la parte finale con il brogi che nonostante abbia capito, e per quel che ha sentito dire e per l’esperimento fatto da lui personalmente, che la macchina registra, si, ma uccide decide comunque di farsi “riprendere” per stare in qualche modo vicino a faustine per sempre. Morirà anche lui sebbene abbia distrutto il registratore, ma forse aveva deciso che è meglio che passare tutta la vita in un’isola con accanto quel macchinario e le sue proiezioni cicliche

Visto che il link non funziona più, ecco l’intervista su Youtube:

Qualcuno ha il master col commentary?

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Aggiungo che il luogo dove fu girato il film, come confermatomi dalla Malta Film Commission, è il promontorio sopra Gnejna Bay, per la precisione qua:

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