L’uomo, la bestia e la virtù (Steno, 1953)

Fu bloccato per circa 40 anni dagli eredi di Pirandello che non gradirono questa versione della commedia(passò in tv la prima volta nel 1992).

Davvero curiosa l’accoppiata Totò-Welles(oggi sarebbe quasi impossibile mettere insieme attori così grandi e diversi)

Commedia tratta da un’opera di Luigi Pirandello sceneggiata dal grande scrittore catanese Vitaliano Brancati,dal regista Steno e dall’aiuto il giovane Lucio Fulci. Segretario di edizione il giovane Sergio Leone.

Musiche di Angelo Francesco Lavagnino

La Ponti -De Laurentis con questo film decide creare una produzione internazionale e chiama accanto a Totò due stelle mondiali ,anche se oramai in declino , come Orson Welles e Viviane Romance . Il film viene girato in Gevacolor ,procedimento belga probabilmente piu’ adatto del Ferraniacolor ad un mercato internazionale . Del cast fanno parte Carlo Delle Piane e il piccolo Giancarlo Nicotra , futuro regista televisivo , segretario di edizione e’ il giovane Sergio Leone. All’uscita nelle sale il film crea non pochi malumori , i critici non apprezzano l’accostamento Totò - Pirandello gridando alla lesa maestà tanto che gli eredi dello scrittore siciliano chiedono ed ottengono poco dopo il ritiro della pellicola dalle sale . Alla scadenza dei termini di legge nel 1993 il film ritorna alla luce ma la copia originale e’ ormai dissolta , dei colori dell’originale in Gevacolor non resta nulla, la copia attualmente in circolazione e’ infatti in bianco e nero .
Scriveva Giulio Cesare castello : " […] I riduttori della commedia […] si sono fermati al pretesto piu’ immediato ed esteriore . […] Che gli eredi di Pirandello abbiano permesso un simle arbitrio , il quale riduce l’apologo al rango di una disgustosa pochade , non e’ molto edificante […] " .
E Tommaso Chiaretti : " […] Assai intelligente era anche la scelta di Totò e Orson Welles per l’interpretazione dei due personaggi principali […] . Si deve dire che tuttavia Totò e’ un interprete molto bravo e […] in definitiva il film strappa più di una sincera risata […]

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Lucio Fulci e Totò

http://www.antoniodecurtis.com/ricordi/lucio_fulci.htm

Di [L’uomo, la bestia e la virtù], io lo dissi fin dall’inizio che era un’operazione sbagliata. Lo sceneggiammo io e Brancati. Totò non lo voleva fare, ma aveva il contratto con Ponti e De Laurentiis e non poteva tirarsi indietro. Era una fissazione di Ponti. Non aveva mai funzionato in teatro, perché doveva funzionare in cinema? Costò un sacco di soldi, e non fece una lira. Con le grane e le rotture di scatole che ci furono nel girarlo, soprattutto per via del marito della Romance, che la troupe chiamava Pallesecche. E lei pure non scherzava. A Welles chiesi una volta: " Ma perché hai fatto ‘sto film? " " Perché sono ‘desperato’ ". Difatti era dovuto scappare da Hollywood dopo La signora di Shangai. Siccome il film fece perdere un sacco di tempo a tutti, Ponti non gli diede la prorata. Welles se la squagliò pochi giorni prima della fine della lavorazione. Non ne poteva più, continuava a scappare. Cominciò in quel periodo l’amore per la Mori, dopo i disastri con la Padovani in Otello.
Tra Welles e Totò i rapporti erano buoni. All’inizio Ponti diceva: " Che succederà con Totò? " e io: " Totò se lo magna dopo due minuti ", e infatti nel film fu proprio così, e finì che Welles faceva la spalla a Totò, gli dava il pretesto per i suoi lazzi. Welles voleva recitare in italiano. Totò: " Meglio in inglese, lo capisco meglio! ". Povero Totò. Mi ricordo in macchina, io e lui, fermati a Trastevere da un mucchio di gente che gli diceva: " Totò, facce ride’! " e lui: " Non ne posso più, sapeste come non ne posso più! ". Era un personaggio triste, Totò. A Napoli, poi, girare con lui era impossibile.

Welles mi trascinava spesso con sé, in giro. La notte era capace di mangiarsi una quarantina d’arance. Aveva un appartamento a Napoli e da una parte c’era la Mori, dall’altra c’era lui che scriveva, lavorara tutta la notte sui film che pensava di poter fare. Girò addirittura un pezzetto di Mister Arkadin, allora, in mezzo a noi, proprio a Napoli. Una nottè prese il comando di una nave all’una, guidando lui personalmente, con Steno che ci aveva il mal di mare! Campava di arance. Una sera ne contai quarantasette, mi terrotizzava. Carico di debiti! Quando lasciò Napoli, scappando, le sue valige vennero messe all’asta. Welles sosteneva, per tornare a Totò, che fargli fare quel personaggio che lui definiva - mi ricordo benissimo perché scrisse una specie di relazigne per Steno su questo - " sinistro e ignobile ", diceva che far fare questa parte a un comico come Totò era un errore clamoroso. Una relazione di sessanta pagine, in inglese, per Steno su questo film, che fu tradotta da una segretaria, e chissà se Steno ha conservato. E finiva dicendo: " Ma perché facciamo questo film? "

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Nessuno, in Italia o all’estero, pensa di farlo uscire, magari un br degno? Totò, Welles, Steno, Pirandello. I nomi coinvolti, non sono esattamente quelli di un branco di cretini dilettanti. E se persistono ancora problemi di “diritti con gli eredi”, nell’anno di grazia 2024, allora c’è da essere tristi. Tanto…:pensive::no_mouth::face_with_open_eyes_and_hand_over_mouth:

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Credo i diritti del film siano di De Laurentiis. Non so se vale ancora il veto della famiglia Pirandello. Potrebbero pure farlo uscire in DVd ormai sono passati 70 anni dal film

Il lavoro di Pirandello, risale addirittura al 1919. Il film appunto, è del 1953. Se sia questione ancora di eventuali diritti, non so. Di sicuro, manca la volontà. Purtroppo…:neutral_face:

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Peccato potrebbe interessare e portare al cinema molta gente sia i fan di Welles che di Totò . Se ricordo bene stanno facendo uscire alcuni film di Welles restaurati al cinema.
Secondo me De Laurentiis non lo sa neanche di avere questo film tra quelli ereditati dallo zio :sweat_smile:

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Racconta Steno:” Fu Ponti a incaponirsi nell’idea di L’uomo, la bestia e la virtù, forse perché Pirandello gli dava la possibilità di avere dei grossi attori come Welles e la Romance. Fu un tentativo di cast internazionale che in realtà non funzionò. Ne risultò un film ibrido. Comunque, io la sceneggiatura la feci con Brancati; non è che mi permisi delle cose a vanvera ma mi affiancai il più grosso sceneggiatore e scrittore siciliano, che certo era profondo in Pirandello. Durante la lavorazione, un giorno Welles mi disse: " Ma che c’entro io tra un napoletano e una francese in questo lavoro? " Allora io gli chiesi perché aveva firmato il contratto, e lui ribatté: " Per fame, ecco perché ". Comunque, non mi creò mai dei problemi, non tentò mai di interferire. Anzi, ero io che a volte gli chiedevo un consiglio. Un giorno, finalmente mi suggerì qualcosa e poi aggiunse subito: " Ricordati che non bisogna mai dare retta a quanto suggeriscono gli attori ". Al termine di una scena, si ritirava invariabilmente in camerino. Mi sembra stesse scrivendo qualcosa su Moby Dick. Quando eravamo pronti per girare e si doveva chiamarlo, cercavano tutti di evitare il compito di disturbarlo, perché ne avevano un sacro rispetto. Ha sempre avuto un atteggiamento da gran signore. È uno di quei registi che, quando lavorano come attori per un altro regista, si comportano da ospiti e non da padroni.“

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Non solo, il negativo a colori è andato perduto per sempre.

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Non ho capito se era un problema legato alla scarsa qualità del procedimento usato per girare a colori (il Gevacolor), o “naturale” deperimento della pellicola.

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Detta in maniera molto semplice: un po’ una cosa e un po’ un’altra.

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