La casa dalle finestre che ridono (Pupi Avati, 1976)

Lo stile narrativo posato,non e’ appunto una luggaggine, e’ la base fondamentale su cui il regista esprime il proprio talento.:slight_smile:

Nel 2008 questo è uno dei 3 film che ancora oggi mi incute realmente paura e angoscia. E questo grazie anche alle sue “lungaggini” (che sembra dispregiativo detto così ma non lo è). Non sono certo i videoclip frenetici e i colpi di scena ultra-previdibili-a-ufo che spaventano, imho.

Infatti credo che ai giovanissimi oggi non freghi nulla di spaventarsi. Sono convinti che l’horror siano acrobazie alla Resident Evil o il remake di Amityville Horror, vogliono sobbalzare sulla poltrona con qualche effettaccio sonoro per dimenticarselo un minuto dopo. Per me il vero terrore era in film come questo di Avati, che per un po’ mi fece guatare con sospetto i dipinti dei martiri esposti nelle chiese.

Visto finalmente oggi e per la prima volta questo ottimo gothic-horror di Pupi Avati.
L’ambientazione nella campagna della provincia Ferrarese è perfetta, desolata ed inquietante, paludosa e solitaria. Applausi per le locations della casa e del ristorante/albergo. bene Lino Capolicchio ma ancor di più Gianni Cavina e Pietro Brambilla, rispettivamente il misterioso Coppola e l’inquietante Lidio.
La storia confesso che mi ha davvero spaventato ed inquietato, specie il finale a sorpresa. Ottimo lo srotolamento lento della vicenda che contribuisce a creare una sospensione di fondo, fondamentale in un horror. Ritmo appassionante per lo spettatore. Belle la trovata del registratore e del restauro dal quale parte tutta la vicenda.
E Vanna Busoni straccia la Marciano in questo film a livello di attrattività. Non, purtroppo, a livello di funzionalità alla vicenda.
Unico neo: Ho trovato l’illustrazione delle finestre che ridono un pò grottesca e poi possibile che la vernice in 30 anni non scolorisca nemmeno un pò?:confused:
Ad ogni modo tirando le somme lo ho trovato un lavoro più che buono.

Beh, io l’ho trovato normale, che siano i colori di Buono, o qualcosa di magico.

1 Mi Piace

Ma infatti credo che con una storia così lo spettatore non faccia caso alle incongruenze. Tipo aver realizzato un affresco all’aperto (“soltanto i muri in piedi”), torturando un giovane modello come se niente fosse (ma avete idea del tempo che ci vuole per un dipinto del genere??? Mica basta una sola notte!). Sono anzi elementi che rendono ancora più intrigante questa paurosissima e blasfema fiaba gotica che a mio avviso non ha eguali, nè all’interno del cinema italiano dell’orrore nè altrove.

Riesumo il topic per una segnalazione: la FAMIGERATA Quinto Piano, insieme ad una gran “paccata” di titoli vari, l’ha fatto uscire di nuovo. Ma niente paura: si tratta del medesimo eccellente master utilizzato per l’edizione Fox, anzi è TOTALMENTE il master Fox, marchio compreso. Indi, oltre al film abbiamo anche lo speciale sul restauro e quello con le interviste agli Avati bros. Il tutto, al modico prezzo di 7,90 euro.
P.S. A Milano, alla Fnac, della “nuova” QP avevo recuperato “Gianburrasca”, che era ovviamente la “copia carbone” dell’edizione Federal (label defunta, suppongo). E stava a soli 5,90 euro…

che altri titoli hai visto? che a me interessava recuperare qualcosina

Molti anni fa ebbi la sciagurata idea di portare questo film a una serata “cinema con gli amici”…fu una pessima idea. :mad:

Oddio, che opinioni hanno espresso?

Risate e battute del cazzo fin dalle prime inquadrature, dopo poco tutti si facevano i fatti loro e abbiamo cambiato film.

Per Bastard: in un cestone, oltre al film di Avati, c’erano varie produzioni di Martino, come “Mezzo destro…”, “L’allenatore…”, “Giovannona Coscialunga”, ma anche “Il mercante di Venezia”(! Rammentiamo che fra i produttori c’è pure la Edwige…). Tutta roba Federal, AYP, CG, col nuovo “bollo” QP…

Wow, wow e poi ancora wow. Oggi mi sono deciso a colmare la lacuna ed ho visionato questa splendida pellicola. Peccato non averlo fatto prima, vista la gran qualità del film che avati ha messo su. Atmosfera cupa ed opprimente, location come già detto perfetta per una storia che sa appunto di solitudine in un luogo silenzioso con spazi amplissimi e poca “vita”. Tantissimi i dettagli e le scoperte che alla fine trovano il suo perché ad esempio l’eccessivo consumo di formalina annotato dall’amico di capolicchio nel diario legato per altro alla tanica che Livio/Lidio porta alla misteriosa inquilina dell’ultimo piano. Insomma, chi non lo ha ancora visto provveda quanto prima, pena una punizione grottesca in sala mensa… :smiley: . E visto che si è parlato giustamente di omertà e troppi silenzi, in realtà capolicchio un alleato alla fine ce l’ha, ed è quel solmi, anche lui venuto da fuori guarda caso, che la polizia la chiama, oltre ad aver messo il bastone tra le ruote alle sorelle legnani chiedendo di restaurare il dipinto in chiesa, cosa che porterà alla luce il volto delle due sorelle assassine Ah, domandina domandona, ma pietro brambilla alias Livio (o Lidio, che appunto non ho capito il nome vero) non è anche uno dei quattro protagonisti di San Babila ore 20…?

Esatto.

A proposito, le “finestre che ridono” mi hanno fatto subito venire in mente un’altra “finestra che ride”, mi riferisco a 007 dalla russia con amore quando bond e amico vanno ad uccidere Crilenko e costui tenta la fuga appunto dalla “bocca” di Anita ekberg, chissà se è solo una coincidenza o Avati si è ispirato a questo dettaglio.

Visto ieri per la prima volta. Buon thriller con qualche lungaggine e qualche espediente un po’ facile. Dopo una prima mezzora notevole, scivola nel gotico padano, con Capolicchio che va a stare in questa casa abbandonata (o quasi) e partono le solite, inevitabili sequenze di lui che cammina piano piano, apre una porta, cerca l’interruttore, entra, all’improvviso un rumore! Ah no niente, il vento ha fatto sbattere una finestra ecc.ecc.

Ciò detto la storia è inquietante e il colpo di scena finale molto bello e ben realizzato, tranne per la zinna di Eugene Walter che, come avete già scritto in diversi, è troppo da ragazza giovane.

Sinceramente mi sfugge alla grande il motivo di culto per questo film.

ps - a me Giulio Pizzirani sembra doppiato da Massimo Foschi… non trovo riscontri, però.

Per quel che mi riguarda, lo considero di culto perché mi ha spaventato alla grande. E rivisto a distanza di anni, per quanto ormai più refrattario agli spaventi, lo trovo ancora discretamente orrido nel finale (ma pure i titoli di testa son da brividi). I trucchi gore son davvero ben fatti e impressionanti. Poi l’idea di rifarsi ai gotici anni 60 (è palesemente derivativo, ci trovi il Freda del dottor Hichcock e il Ferroni del Mulino delle donne di pietra fra le altre cose) con un taglio narrativo più realistico e vicino al thrilling anni 70 è vincente, per me il miglior horror italiano assieme a Suspiria.

Un po’ ti invidio, piacerebbe anche a me riprovare le stesse sensazioni di quando l’ho visto per la prima volta…

Motivi di culto ce ne sono quanti ne vuoi:
-regia ottima e attori idem
-storia morbosa ad alti livelli l’idea del pittore delle agonie, pazzo incestuoso con le sorelle assassine, è notevole
-panorami estremamente comuni e “normali” che però assumono connotati inquietantissimi persino e soprattutto alla luce del sole
-la casa con le finestre dipinte, espediente semplice e efficacissimo allo stesso tempo per caratterizzare perfettamente il film e aumentare l’inquietudine

  • i titoli di testa le scene in virato seppia delle sorelle che torturano il tipo appeso sono impossibili da cancellare dalla mente, così come le parole registrate sul nastro
    -il finale, giusto per aggiungere ancora più morbosità al tutto
    -quello che diceva Corrado, ovvero l’aver realizzato un perfetto ‘gotico moderno’ che, pur nella sua semplicità, cattura, spaventa e lascia una strana sensazione addosso

Poi oh, chiaro che se non ti piace non ti piace, i gusti non si discutono, ma non trovo assolutamente strano che sia considerato un culto, anzi.

Se non mi sbaglio, a Renato non piace il genere horror tout-court

Non sbagli, in effetti sono film che trovo quasi invariabilmente infantili. Anche apprezzandone determinati aspetti, come in questo caso del resto: ambientazione, luci.