E’ da diverso tempo che medito rileggendo alcune interviste rilasciate da Di Leo.
Come può,o meglio poteva,un autore del suo calibro svalutarsi in quel modo?
Non considerava nessuno dei suoi film totlamente riuscito e di nessuno a parte Milano Calibro 9(ma spesso si lamentava per alcuni tagli che avrebbe effettuato) si riteneva soddisfatto.
quoto anche un intervento estrapolato dal thread de “le colt cantarono…” di Paolo Albiero
forse si potrebbe capire qualcosa in più da questa tua affermazione.Di Leo in soldoni era un falso modesto?in privato si compiaceva del suo operato?
A parte Brucia ragazzo brucia e Amarsi Male prediligeva qualche altro suo lavoro al di fuori del Noir?
Non vorrei essere frainteso. La mia non voleva essere una critica alla persona. Ho avuto modo di parlare con Di Leo solo 3, 4 volte, e ho avuto modo di conoscere una persona davvero gentile, squisita, sensibile e particolarmente intelligente. Per quel poco che abbiamo parlato, non si è mai compiaciuto di nulla. Ma la mia sensazione era che fosse sì molto pudico, riservato, ma che dietro alla sua modestia - a tratti quasi disfattistica - avesse piena coscienza di quello che era il suo valore.
Infatti avevo inteso perfettamente che non si trattava di un giudizio negativo sulla persona.
Quanto hai affermato è esattamente l’aspetto a cui mi riferisco di Di Leo.
Il tono,concordo con te,delle sue dichiarazioni è realmente a tratti disfattistico nei confronti di se stesso (tra l’altro dice di essere stato il più feroce critico dei suoi lavori) e con altri autori (vedi ad esempio quanto afferma riguardo Scerbanenco nell’intervista rilasciata a Davide Pulici)
E’ un atteggiamento comune a tanti registi, quello di sminuire il proprio lavoro. Anche Mario Bava per esempio discorreva in tono distaccato e ironico di tante cose che aveva realizzato, salvo poi andare giustamente orgoglioso di piccoli gioielli quali Operazione paura e Il Rosso segno della follia. Quanto a Di Leo, non era poi così umile: di Milano calibro 9 andava fiero, affermando che in ambito europeo era una delle pellicole migliori del genere. Nell’affermare che in seguito la sua carriera aveva preso talvolta una svolta cialtronesca non era in torto, brutti film ne ha fatti anche lui. E credo che riconoscere di aver parzialmente fallito in cose peraltro interessanti come Avere vent’anni sia più un atto di sincerità che di autodeclassazione.
è anche vero però che Di Leo ha ribadito a stufo in tutte le interviste di inalberarsi assai nel sentirsi definire “regista di poliziotteschi”
lui ci teneva particolarmente a essere riconosciuto casomai come regista di film noir, richiamandosi ai modelli d’oltralpe e oltreoceano e riconoscendo implicitamente un profilo ben più alto dei suoi noir rispetto agli altrui poliziotteschi
con tutto che alcune sequenze di azione, che secondo me assomigliano ben più al poliziottesco tricolore che non al noir filo-internazionale, Di Leo non solo le ha girate, ma le ha pure fatte strepitosamente bene, e questo ovviamente è una cosa che va tutto a suo merito
poi altra cosa a mio giudizio l’incontro (letterario) di Di Leo con Scerbanenco gli ha dato veramente tanto ma tanto tanto, offrendogli spunti per tutta la serie di film in questione compresi quelli in cui Di leo ha fatto pressochè tutto da solo…
Assolutamente si.Scerbanenco ha dato a Di Leo una componente di eleganza al di sopra della media e un modo di “tagliare” personaggi e situazioni assolutamente innarivabile
E’ un po’ come la polemica di Dino Risi, che si adombra ogni volta che sente menzionare la “commedia all’italiana”. Sono definizioni che lasciano il tempo che trovano, per i fans etichette quali “spaghetti-western” o “poliziotteschi” sono una garanzia più che un demerito. E sui legami fra il cinema dileiano e i cosiddetti “poliziotteschi” ti dò ragione al cento per cento, specialmente di fronte a pellicole come La Città sconvolta e I Padroni della città. Per tacere de Il Poliziotto è marcio, che aldilà dell’impostazione noir stilisticamente ha tantissimo da spartire con le sceneggiature di Lenzi e Castellari; e che dire de I Ragazzi del massacro, ispiratore di tanti “commissari di ferro” dal Salerno de La Polizia ringrazia in poi?
nelle interviste video che ho sentito ho avuto la stessa impressione di paolo,anche perche’ poi ogni tanto non lesina giudizi poco lusinghieri su colleghi e attori…(franco nero?quel morto di sonno…e cosi via…)
Ma sì, non mancava anche di rifilare stoccate a colleghi come Petri, sottolineando che per ragioni politiche Indagine su un cittadino… veniva valutato più de Il Poliziotto è marcio ma, in definitiva, lui aveva il merito di aver ritratto un tutore della legge corrotto più realistico e meno surreale di quello impersonato da Volontè. Ecco, credo che tanto lui quanto Bava ed altri si fossero talmente abituati a venire etichettati come “registi di serie B” da adattarsi per paura di essere denigrati nel tirarsela troppo.