Venghino siori! Venghino!
Benvenuti a Garmaland…
Ho appositamente lasciato trascorrere del tempo dalla visione di questo film.
Del tempo che mi concedesse un approccio un poco piĂą freddo e disincantato prima di scrivere due righe a commento.
Desideravo la mente un po’ più libera anche per sortir meno antipatia possibile nel tratteggiare le mie impressioni. Visto che queste, come al solito ma mai come in questo caso, mi porteranno ad allontanarmi di un bel po’ dal sentito più o meno comune che qui pare circolare sul lavoro di Bazzoni.
Bene.
Il film mi ha imprigionato dai primissimi secondi e non mi ha lasciato andare nemmeno dopo la conclusione. Risultando insostenibile per lunghi tratti.
Notte bianca e caleidoscopio di sensazioni pure il giorno successivo.
Mi arrendo e sventolo bandiera bianca.
Questo lungometraggio è riuscito evidentemente a schiacciare tutti i miei tasti.
E’ arrivato e, senza nemmeno presentarsi, si è fatto strada in me trovando tutte le porte bene aperte.
Ho letto che qualcuno ha parlato di “noia”, di protagonista fuori registro e altro ancora.
Le mie perplessità su quanto sopra sono talmente grandi, anzi incommensurabili, che credo sinceramente che una “differente religione” mi separi da quei signori.
Non è questione di vedere dove sta la “ragione” ma, credo, solamente l’impaccio di arrendersi alla consapevolezza di un sentire differente.
E non è forse del tutto un caso il fatto che qui, l’unico compagno di avventura che si sia avvicinato alle mie sensazioni, tenga circa i miei stessi anni.
Questo è un lavoro che pesca dentro lo spettatore.
Certo ci pesca se ci trova le acque adatte evidentemente.
Questo è un lavoro che invece di sortir noia, me mi ha del tutto “divertito”.
E che intendo io per essermi divertito?
Beh, chiaramente qualcosa di molto diverso da una serie di omicidi a colpi di statuetta…
Intendo un coinvolgimento cerebrale in grado di portarmi a spasso, di prendermi a pugni i sentimenti, di turbarmi e di coglionarmi pure.
Sì, perchè penso che Le Orme mi abbia pure un poco coglionato.
Ed eccomi nella situazione di un innamorato alle prese con la critica della sua amata.
Dopo Giornata Nera non pensavo di poter replicare tanto spasso.
Ma qui Bazzoni è andato pure oltre.
Se il precedente film ancora esibiva le gabbie di un genere, qui, di quelle linee direttive c’è rimasto solo il ricordo.
Invece è rimasta tutta l’intenzione di un fare cinema che estrinseca sé stessa in una costante attenzione per una regia che, per dirla alla francese, è “mettere in scena”.
Organizzare gli spazi del visto, imprimere un senso scenico a colpi di macchina da presa, intrappolare tutti gli elementi nello sguardo del regista.
E così van visti pure gli attori.
Che devon esser in simbiosi, in accordo naturale con i capricci di scenografia e fotografia.
Ma guardatela la Bolkan…
Ma così “geometrica”, mai così organizzata all’interno del frame.
E siete stati attenti a come da voce e spessore ai primi piani?
A come sfrutti ogni forma del suo viso per dar un senso al vuoto attanagliante di molte sequenze?
Dubito che abbia nuovamente trovato uno spazio filmico per esprimersi a quei livelli.
Ed è così che fra quegli abbacinanti controluce, le splendide immagini sulla spiaggia, le quadridimensionalità dell’EUR e le deragliate patologiche del dramma, questo film si trascina dietro echi lontani del cinema di Tarkovskij, strutture “à la Fassbinder”, i dolori dei vuoti dell’anima di un Bergman che si ritrova “chiamato” pure nella conclusione.
L’inevitabilità di un destino che arriva a compiersi nonostante l’agire del protagonista sia diretto a contrastarlo.
Non per tutti.
Nemmeno per molti però.
Per chi sa soffrire dei silenzi e per chi sa leggere i sensi nel vuoto.
Per tutti gli altri dovrebbe comunque essere un film mai banale, un “urlo” d’essai di grana finissima.
Coup de foudre.