Mekhong full moon party (Jira Maligool, 2002)

Un film che prende spunto da una questione di attualità per proporre allo spettatore una riflessione profonda sulla trasformazione che sta vivendo in questa epoca lo stile di vita orientale: lo scontro tra una tradizione millenaria che interpreta il mondo attraverso una visione religiosa trascendente (che non ha bisogno di andare alla ricerca di spiegazioni che determinino le cause dei fenomeni della vita) a cui si contrappone un approccio scientifico di origine occidentale (il quale vuole analizzare nel dettaglio la natura nelle sue molteplici manifestazioni per capirne empiricamente il funzionamento, per conoscere i meccanismi che stanno alla base dei fenomeni).
Se fosse un libro potrebbe essere un ibrido tra narrativa e saggistica, in grado di tenere alta l’attenzione attraverso una storia delicata e coinvolgente, che tratta l’argomento attraverso la vicenda personale di un ragazzo che si trova suo malgrado al centro di questa controversa convergenza delle due modalità di concepire e di vedere il mondo.

La vicenda è ambientata durante il Phayanak Festival che si svolge annualmente sul fiume Mekhong, al confine tra Laos e Thailandia; durate questa festa che attira centinaia di migliaia di persone dal fiume salgono verso il cielo le controverse Naga Fireballs, palle infuocate che emergono dalle acque per poi scomparire nell’aria dopo qualche metro di volo. Secondo la tradizione sono inviate dai Naga (le divinità serpente di cui abbiamo già parlato approfonditamente in passato disquisendo del film Snake girl ); negli ultimi anni però questa interpretazione trova una fascia della popolazione sempre più scettica ed i media hanno iniziato ad interrogarsi sull’origine di queste misteriose fireballs, mettendo in piedi una sorta di giornalismo di inchiesta sul fenomeno. Da una parte gli studiosi che cercano di fornirne delle spiegazioni scientifiche in quanto strano fenomeno naturale, dall’altra i detrattori che sostengono che sia una sorta di artificio creato dagli esseri umani.

Il protagonista è Khan, un ragazzo che, orfano, è stato allevato dai monaci di un tempio buddista disperso nella foresta sulle rive del Mekhong; fin da bambino è stato allenato a nuotare in immersione in profondità, perché proprio a lui i monaci hanno affidato il compito di piazzare nottetempo sul fondo del fiume le fireballs che essi stessi fabbricano con lo scopo di radicare nella popolazione il sentimento religioso.
Khan ora vive a Bangkok e torna al paese solo in occasione del festival, proprio per assolvere al suo compito; però la vita in città lo ha cambiato ed adesso non se la sente più di svolgere questa mansione. È attorno alla sua combattuta dinamica interiore che ruota tutto il film.

Un altro merito della pellicola è sta nel mostrare molte immagini magnifiche realizzate durante il festival, che precipitano lo spettatore in quella dimensione facendogli respirare l’atmosfera dell’evento, i suoni, i colori, i profumi…

Rispetto al dibattito sulle fireballs da principio il film sembra sposare la visione più materialista, poi però troviamo anche aperture agli altri punti di vista.

Questa volta non scriverò nulla in merito al finale, neanche avvalendomi del tasto spoiler, per esplicita volontà degli autori dell’opera:

In decenni di militanza cinefila non mi era mai capitato di imbattermi in un cartello finale di questo tipo, che ridere! :joy: :+1:t3:

Visto nell’ottimo dvd thailandese della Mangpong, che rende giustizia al film grazie ad un ottima definizione che valorizza il buon lavoro del direttore della fotografia nelle tante scene notturne. C’è anche un making of che sembra molto interessante e che contiene un sacco di interviste alla gente comune realizzate durante il festival… Purtroppo gli extra non sono sottotitolati però!
http://www.cinemasie.com/en/fiche/video/7028/

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