Delirante filmetto girato fuori tempo massimo da un redivivo Bruno Vani, che tenta di fare un cinema sociale sulla gioventù proletaria dei quartieri periferici di Roma.
Va da sé che ne esce una pellicola improbabile e delirante, caratterizzata dal costante blaterare a vanvera di questo gruppo di adolescenti, in un romanesco forzato ed innaturale, con battute e dialoghi inverosimili, superflui, ridicoli, imbarazzanti. Situazioni surreali, colpi di scena telefonati, connessioni (il)logiche astruse, ritmi narrativi non azzeccati, recitazione amatoriale, inquadrature e riprese da buona la prima…
Come spesso accade Vani predilige le location bucoliche, alternando alle riprese cittadine begli scorci lacustri e lunghe sequenze tra rovine romane lasciate all’incuria (mi sembra di riconoscere la stessa location de I ragazzi della periferia sud, ma non lo vedo da anni e non ne sono per niente sicuro).
Direttore del doppiaggio, manco a dirlo, Renato Polselli.
In questo tripudio di dozzinalità si fanno notare le belle musiche del maestro Gianni Marchetti (che si firma Gianni Bravo, probabilmente resosi conto dell’operazione in cui era rimasto coinvolto ha preferito usare uno pseudonimo).