Remake, Remix, Rip-Off: About Copy Culture & Turkish Pop Cinema (Cem Kaya, 2014)

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Un documentario che nasce dall’amore autentico ed incondizionato per il cinema popolare turco. Attraverso i racconti di decine di protagonisti dell’epoca d’oro di Yesilçam (la Hollywood di Istanbul) scopriamo le dinamiche produttive e realizzative del cinema più povero, bizzarro e creativo del mondo. Un popolo non acculturato che aveva bisogno di storie per sognare, dei cinematografari che avevano bisogno di realizzare storie a ciclo continuo per mangiare, tempi strettissimi, capitali irrisori, sceneggiature stereotipate che venivano riciclate in continuazione con variabili minime, modifiche di forma ma non di sostanza. Nessuna legge di copyright ed il bisogno di sfornare nuovi prodotti in continuazione, plagi e furti dal cinema americano ed europeo per consentire alla macchina di stare in piedi e continuare ad autoalimentarsi. Cratività e fantasia per sopperire alla carenza di mezzi tecnici, inventiva e spergiudicatezza nel mixare in modo inedito tematiche, generi, atmosfere e personaggi per ottenere sempre qualcosa di nuovo e coinvolgente per il pubblico. Un mondo affascinante che ormai non c’è più, raccontato con ardore e nostalgia dai protagonisti che l’hanno realizzato.
Se i due terzi del film sono solari e divertenti, ricchi di aneddoti e racconti sorprendenti e mirabolanti, la parte conclusiva racconta però l’altra faccia della medaglia.
Come questo cinema leggero e spregiudicato fosse frutto di una censura politica ottusa e rigidissima, che non consentiva la nascita di un cinema indipendente e l’esplorazione di tematiche non dico sociali, ma che quantomeno andassero fuori dal seminato e raccontassero anche aspetti un po’ più complicati e critici della Turchia. Il cinema doveva e poteva essere soltanto intrattenimento, uno svago innocuo distaccato dalla situazione politica e sociale del paese, pena la prigione, il rogo dei negativi, l’ostracizzazione dall’industria cinematografica. Anche un autore che per tutta la sua vita ha provato a fare un cinema personale e non mainstream come Metin Erksan alla fine si è ritrovato a girare il remake turco dell’esorcista. Per non parlare di Yilmaz Guney e i suoi molteplici anni di prigione.
L’intervista che più tiene il banco è quella di Çetin Inanç, l’autore del mitico Turkish Star Wars, che racconta mille storie di cinema mostrandoci a tutto tondo il sistema produttivo e le dinamiche soggiacenti alla creazione dei film, ma al contempo in certi passaggi mette il focus sulla difficoltà di fare cinema in questa maniera, sul dolore e il rimpianto di non aver potuto esprimersi liberamente e mandare messaggi attraverso un medium che dovrebbe servire in primis per comunicare, oltre che per intrattenere. Il dispiacere di uno scafato cineasta di aver sempre dovuto soggiacere alle regole del gioco e non aver potuto mai, neppure una volta, esprimersi liberamente.

In ogni caso un documentario solare e divertente, che per la prima volta analizza a fondo un establishment cinematografico unico e bizzarro, facendoci capire le logiche e le dinamiche soggiacenti alla produzione di film unici ed incredibili come 3 Dev Adam, Yilmayan Seytan, Kilink Istanbul’da, Superman Donuyor e via dicendo.

Davvero imperdibile per gli appassionati di questo tipo di cinema!

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Sembra interessante. Ma, trailer a parte, si trova da qualche parte? Magari coi sub quanto meno in inglese? :sweat_smile:

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L’ho avuto anni fa per vie molto “confidenziali”, coi subs in inglese. Chi vuole vederlo mi contatti senza remore :wink: :+1:t3:

il regista che all’inizio annuncia senza colpo ferire di averne fatti 1774 (“ed è tutto documentato!”) vale tutto il film.

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