The legend of the Ugly King (Hüseyin Tabak, 2017)

Un’intera giornata immerso in uno strippo totalizzante dedicato a Yilmaz Güney, nella quale mi sono letto un libro recuperato lo scorso anno e successivamente ho scaricato da YouTube l’intera filmografia da regista e decine e decine di opere in cui è attore e sceneggiatore (alcuni sono in qualità hd a 1080p; ma cmq se volete materiali originali su ebay pappo sta vendendo una miriade di roba introvabile tra vhs, betamax, vcd e dvd). Un personaggio davvero affascinante, che mi ha sempre attratto pur conoscendolo solo superficialmente.

Completato la giornata di approfondimento guardandomi questo bel documentario che è disponibile su amazon prime.

Il film parte dalla fine, raccontandoci lo Yilmaz Güney che a noi occidentali è più noto, quello che stravince a sorpresa a Cannes, l’esiliato, l’attivista politico, la voce della lotta del popolo curdo, il combattente per i diritti umani, l’autore di Duvar. Poi la morte e i funerali. E poi tutto un percorso a scoprire le origini dell’uomo, dell’artista, della passione per la narrazione e per il cinema, partendo dal piccolo paese dove nacque in condizioni di indigenza ed arrivando a Istambul e ai primi contatti col mondo del cinema come proiezionista; per poi continuare con i primi successi a Yesilcam come sceneggiatore ed attore, alla nascita della coscienza socialista ed ai primi problemi politici; e poi finalmente il suo successo come personaggio popolare, amato alla follia dalla gente comune, primo divo del cinema turco attorno al quale si genera un vero “merchandising”; e poi arrivano le prime regie, e anche come interprete si cimenta in film sempre più maturi, personaggi sempre più particolari, incisivi, rappresentativi delle iniquità, delle ingiustizie, dei soprusi del governo turco nei confronti della povera gente. E poi ancora problemi politici, prigione, e capolavori a go go.

Il tutto raccontato mischiando abilmente filmati d’epoca, parole dello stesso Güney tratte dai suoi libri e racconti, e le interviste di decine e decine di persone che l’hanno conosciuto ed hanno condiviso momenti di vita assieme a lui: dai famigliari (sorella, figlia, mogli, nipoti), ad altri artisti esuli, a registi che l’hanno conosciuto e stimato, ad attori, collaboratori, amici; e poi politici, curatori di festival, critici cinematografici… Decine di testimonianze intense, a volte spiazzanti, emotivamente forti, che vanno a costruire il ritratto di un artista ma soprattutto di un uomo, con un infanzia dura, un carattere difficile, una personalità controversa, capace di atti di amore estremi e spiazzanti esplosioni di rabbia e violenza. Un uomo che ha vissuto per i suoi ideali e fino all’ultimo ha combattuto per essi. Un uomo che è diventato simbolo di un intero popolo e della sua lotta (il popolo curdo), ma che ha anche saputo unire una nazione (la turchia) incarnando i veri valori e sentimenti della gente comune, diventando l’icona culturale in cui tutta la fascia popolare della cittadinanza si riconosceva.
E per noi cinefili occidentali, simbolo imperituro di lotta per la libertà e per l’affermazione dei diritti umani.