Il racconto di Stephen King che qui fa da soggetto era davvero poca roba, ma in fondo non importa, perché serve solo a introdurre una nuova minaccia o maledizione che fa fuori la gente in modi fantasiosi, come si è già visto in decine/centinaia (migliaia forse è troppo) di altri horror.
In questo caso è una scimmietta meccanica che suona il tamburello e poi muore qualcuno - precisamente avvengono una serie di circostanze che portano alla morte di qualcuno.
Le costruzioni di queste circostanze possono essere anche interessanti, ma solo a patto che si sia atterrati sulla Terra l’altro ieri e non si abbia avuto ancora il tempo di guardare uno dei tanti capitoli di “Final Destination”. Ci siamo capiti.
Ciò che distingue un po’ questo film è che ha il tono, lo stile, il montaggio da commedia nera; in alcuni momenti funziona e magari è anche spiazzante e divertente, in altri meno e può essere goffo e quasi imbarazzante.
Poi in altri momenti se ne dimentica proprio e somiglia a decine/centinaia (migliaia forse è troppo) di altri horror.
Comunque non vorrei sembrare troppo severo, il film intrattiene per 98 minuti.
Come decine/centinaia eccetera.
perkins da bravo furbacchione sceglie un racconto minore del re, diciamo pure una scartina ai limiti dell’insignificanza, girando scaltramente attorno alla sua perfettibilità e ricreando un’ossatura narrativa. ma i gonflage dei racconti di king, riusciti o meno, hanno raramente pagato al cinema e portato a salti in lungo memorabili e la manfrina della maledizione psicogenealogica non è sicuramente la migliore delle chiavi universali per far funzionare mistericamente la scimmia.
di funzionale e congeniale ci sono i siparietti splatterogeni, sempre generosi e creativi, sebbene qua e là rimasticaticci (si citano pure l’appartamento delle trappole creative di adrenaline e the collector ma anche alla lettera un passaggio del racconto il tagliaerbe - senza contare i wink wink su annie wilkes e jack torrance), ma non c’è una coesione narrativa che li inanella creando una qualche tensione vettoriale e al di là del divertissment della morte più atroce e al contempo bizzarra e fantasiosa un film vero e proprio attorno non c’è, anche se qua e là, specie nella parte iniziale, perkins sa cogliere per ambientazioni e caratterizzazioni e a larghe sciabolate lo spirito kinghiano. è comunque quell’atomo meglio di longlegs. vedibile, ma nulla di salutabile tra i migliori horror dell’anno. poi per me in linea di principio perkins è tutto fuorché figlio di tanto padre e sbaglia un film via l’altro. questo funziona, come giustamente dice jerry, se si è del tutto digiuni della saga di final destination, e almeno il primo qua dentro l’avemo masticato tutti.