Virgin people (Celso Ad. Castillo, 1984)

Filmone.

Se è vero che, come in molti film filippini del periodo, l’elemento centrale è l’erotismo, qui ci troviamo davanti ad una pellicola molto solida ed ottimamente costruita, della quale l’eros è una parte importante ma assolutamente non il fine ultimo.

La struttura è quella della tragedia greca, con un intreccio che porta alla luce gli aspetti più sordidi e morbidi delle relazioni umane, inserendo tutte queste dinamiche negative in un contesto familiare, il che le potenzia rendendole ancora più deleterie.

Come in Silip l’ambientazione rurale e quasi senza tempo aumenta a dismisura il fascino della pellicola, proiettandoci in una dimensione spazio temporale a cui non siamo abituati, una sorta di limbo in cui tutto può succedere.

Come sempre, delle produzioni filippine di quel periodo colpisce l’assoluta libertà di trattare e mostrare (anche in modo leggero ed assolutamente non retorico) argomenti che nelle altre culture erano (e sono) decisamente tabù, segnatamente tutto ciò che riguarda il risveglio dello stimolo sessuale e dell’attrazione fisica in giovane età da una parte e le situazioni di abuso e violenza su minori dall’altra.
Questioni tremendamente delicate e suscettibili di letture ed interpretazioni estremamente differenti, che la maggior parte delle altre culture, e specificatamente quella occidentale, generalmente preferiscono non affrontare, soprattutto in ambito cinematogfrafico.

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