[FESTIVAL] Etrange Festival 2024

E anche quest’anno mi sono recato all’Etrange Festival, che festeggiava il suo 30° compleanno, con una programmazione particolarmente ricca e con un nutrito gruppo di ospiti.

Di seguito, i film proposti:
https://www.etrangefestival.com/2024/fr/program

tra cui ho potuto scoprire:

  • Swimming Home di Justin Anderson: storia classica con un’intrusa in una villa greca che altera i rapporti di una famiglia borghese, ma raccontata in modo decisamente spiazzante e inframmezzata da notevoli momenti di tensione o chiaramente wtf (vedere per credere, le scene di danza contemporanea, la scoperta della spiaggia gay o l’improvvisa incontinenza a bordo piscina); grandiosa la performance di Ariane Labed e regista da tenere d’occhio

  • Body Odyssey di Grazia Tricarico: la regista, presente in sala, sarebbe anche simpatica e volenterosa, ma la sua opera prima, secondo me, é catastrofica; nulla funziona, dalla storia (una bodybuilder che impazzisce progressivamente prima di un concorso, tra steroidi illegali ed esercizi sfiancanti) ai vezzi autoriali (una voce off insopportabile, che declama discorsi incomprensibili), dalle svolte narrative superflue (il lago contaminato, per esempio) all’attrice principale, che non é una professionista e purtroppo si vede

  • Exorcism Chronicles: The Beginning di Kim Dong-Chul: cartone animato che avvia una saga ancor più famosa di Harry Potter in Corea e che contrappone un improbabile banda (tra cui un prete muscolosissimo) contro un potente demone; per me, di una noia mortale e con un’animazione abbastanza banale

  • Dark Waters di Mariano Baino: quoto quanto scritto nell’apposito post, un’opera poco conosciuta, che merita senz’altro una riscoperta e che non sembra nemmeno italiana, da una parte per l’insolita location fotografata magnificamente, dall’altra per gli elementi esoterici che l’apparentano più a della folk horror nordico/balcanica

  • Astrid’s Saints di Mariano Baino: la seconda opera a distanza di 30 anni e in gestazione da quasi 15, mantiene degli elementi di grande originalità nel raccontare l’elaborazione del lutto di una donna sola in uno sperduto villaggio roccioso, ma la grandezza dell’opera prima si perde in un film che pare quasi amatoriale e dove purtroppo uno dei limiti maggiori é proprio l’attrice principale troppo teatrale e poco credibile nel ruolo assegnatole

  • Escape From the 21st Century di Yang Li: stordente per i movimenti della macchina da presa, i cambiamenti di formato della pellicola, i registri narrativi che si fondono e sfaldano, la musica che amplifica il delirio generale e le gags a ripetizione e a mille all’ora, si esce dal cinema frastornati per una storia di adolescenti che viaggiano nel tempo appena starnutiscono ed é veramente difficile darne un giudizio complessivo, anche se non si puo non lodare la generosità del tutto!

  • Kill di Nikhil Nagesh Bhat: nientepopodimeno che il vincitore della competizione e in più in un anno in cui il cinema indiano fa meraviglie, che dire un gioco al massacro tra una famiglia di ladri e due soldati molto ben addestrati in un treno sovraffolato, dove ogni angolo o oggetto puo essere sfruttato per crerare delle coreografie spettacolari e dei combattimenti di rara violenza; da vedere sullo schermo più grande possibile, quasi al livello di The Raid

  • Steppenwolf di Adilkhan Yerzhanov: visto 2 volte in pochi giorni, uno specialista della tortura decide di aiutare una madre semi handicappata a ritrovare il figlio scomparso in un Kazakhstan in rivolta; black humor e grande umanità in un film che resta impresso (e penso a lungo) e Adilkhan Yerzhanov é un Elia Suleiman meno surrealista e forse ancora più cupo, nonché uno dei registi più interessanti degli ultimi anni

  • Makamisa: Phantasm of Revenge di Khavn: un mito il regista e mitico il film che ritorma alle origini del cinema adattando un romanzo incompiuto (dal catalogo del festival: “Un malvagio prete spagnolo e un malinconico poeta filippino competono per i favori di una donna americana sopraffatta dalla follia”), ma in modo sperimentale e non convenzionale come solo le opere di Khavn sanno essere :grin:

mentre, sfortunatamente, ho perso l’occassione di vedere su grande schermo:

  • The Killing of America di Sheldon Renan
  • Ningyo densetsu di Toshiharu Ikeda
  • Gold Boy di Shûsuke Kaneko
  • Sayara di Can Evrenol
  • The Coldest City di Feng Yang
2 Mi Piace

Ecco, il tuo lungo intervento conferma ciò che pensavo: a distanza di oltre trent’anni, Baino non è riuscito a darci un film riuscito quanto “Dark waters”. Che si conferma, di per sé, filmone. Ma purtroppo, un unicum. Irreplicabile. A volte, capita…:cry:

1 Mi Piace