Quest’anno ho visto davvero pochi film di questo festival, soprattutto perché nel week-end sono andato al Cinéma Interdit di Bruxelles, ho saltato una proiezione serale perché ero completamente esausto ed un’altra a causa degli scioperi. Risultato: sono riuscito a visionare solo 3 film ![]()
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La città proibita di Gabriele Mainetti: che figata!
Un bel mix di arti marziali e commedia alla romana, con un simpatico Enrico Borello e una splendida e badass Yaxi Liu, che fanno da contraltare alla più matura e nostalgica coppia formata da Marco Giallini e Sabrina Ferilli. Battute divertenti, tenere scene romantiche e brutali scene d’azione (quelle al ristorante sono coreografate alla grande!). Cosa si potrebbe volere di più? Ah sì, che in Italia se ne facessero altri di film così, con cuore e ambizioni ! -
Mavr di Adilkhan Yerzhanov: un regista tanto prolifico da mantenere quasi da solo il cinema kazako, una coppia - l’impassibile Berik Aitzhanov e la combinaguai Anna Starchenko - che torna insieme dopo il magnifico Steppenwolf, con un cambio di location dalla solita steppa all’insolita metropoli, ma con una costante che non cambia mai: l’originalità di un cinema che ha sempre il sapore di una favola dark, e che, questa volta, cucina alla sua salsa neintepopodimeno che Drive di Refn … e funziona alla grande! Un altro film che rivedrei volentieri perché il regista riesce a fare un cinema popolare che intrattiene senza rinunciare alla sua cifra autoriale, sempre velatamente tragica.
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Karmadonna di Aleksandar Radivojevic: a tratti si respira l’aria di A Serbian Film con una figura cristica rinchiusa in una specie di manicomio/reality show dove dispensa lezioni di vita, ma in realtà si tratta di un figlio di Buddha (e non é una battuta di cattivo gusto), lo stesso che telefona ad una donna incinta per intimarle di assassinare varie persone colpevoli, a suo dire, di degradare quel mondo che ci é stato generosamente offerto (per cui una spiegazione ricorda il segmento centrale di The Tree of Life)! Una galleria di personaggi incredibili (tra tutti, l’uomo in accappatoio che usa la tortura come passatempo, ma con stile) e un modo di dirigere le scene allucinante, tanto l’inquadratura ondeggia in tutte le direzioni, contribuiscono a creare un film caotico ed anarchico, che oltraggia e sbeffeggia tutto e tutti. Si esce dall’esperienza un po’ storditi, ma viva la (new, I hope) Serbian wave!
In allegato, la magnifica locandina:
