Godzilla Minus One - Gojira Minus One (Takashi Mayazaki, 2023)

Ho vissuto male l’inizio di questa settimana perché per motivi vari non ero riuscito ad andare a vederlo entro il 6 dicembre, ultimo dei sei giorni programmati per la proiezione in sala. Tuttavia qualcuno dei distributori avrà saputo che King Ghidorah non aveva visto l’ultimo film della sua nemesi e così ha dato qualche giorno di proroga. Appena l’ho saputo, mi sono precipitato e l’ho visto oggi in matinée.

Ero molto curioso perché da tutte le parti del mondo, Italia compresa, arrivavano solo voci di lode per questo trentesimo film a marchio Toho anche se ufficialmente è targato trentatré perché si considerano anche i tre anime Reiwa. I giudizi positivi sono tutti ampiamenti meritati, senza esagerazioni. A me il precedente Shin Godzilla era piaciuto molto ma con questo Minus One l’asticella si è alzata parecchio.

Com’è noto anche in questo caso siamo di fronte ad un reboot ma qui la saldatura con l’archetipo del 1954 è definitiva. E’ un film di un lirismo che riecheggia quello del maestro Honda. Si passano oltre due ore senza rendersi conto che il minutaggio dedicato a Godzilla è limitato. La storia struggente del kamikaze fallito Shinkishima ti rapisce dal primo minuto ed è impossibile non empatizzare con la sua lotta personale con il senso di colpa. L’ambientazione bellica e della ricostruzione è resa ancora più realisticamente con fotografia poco luminosa ed una palette di colore marrone. Fondamentale l’apporto della bellissima colonna sonora di Naoki Sato che commenta alla perfezione tutti i passaggi fondamentali del film. Poi ovviamente, quando all’inizio della scena che porta allo showdown finale parte il Godzilla Theme dell’immenso Akira Ifukube, vengono i brividi e si sale in un’altra dimensione.

C’è tanto amore per l’icona popolare giapponese che, per quanto modernizzata (si guardi la modalità di getto del raggio nucleare), viene trattata con il massimo rispetto. Ritorna l’isola natale di Oda, il ruggito è quello originale (almeno all’inizio), compaiono sotto altri nomi e vesti Serizawa e l’Oxygen Detroyer, ecc. Anche in questa occasione il messaggio che la Toho ha dato al mondo è quello che possono pure affittare Godzilla agli americani ma il Re dei Mostri è sempre stato e sempre sarà nipponico e solo loro potranno valorizzarlo come merita.

Per fare un crossover con il topic dell’abbandono delle sale cinematografiche, stamattina tutti noi spettatori siamo rimasti fino alla fine dei titoli di coda. La cosa è abbastanza assurda se si pensa che si è trattato di cinque minuti abbondanti di ideogrammi giapponesi, tradotti solo per gli attori principali ed il regista. Lo spettacolo al quale avevamo assistito e la musica che usciva dagli altoparlanti hanno reso quel momento come una sorta di ringraziamento spirituale. E’ come se, qualora ce ne fossimo andati dopo l’ultima scena (occhio, eh…), avessimo praticato una sorta di coitus interuptus. Una sensazione difficilissima da verbalizzare.

6 Mi Piace