La Corta notte delle bambole di vetro (Aldo Lado, 1971)

A noi non ce ne frega un cazzo della metafora, la vuoi capire? E’ un eccellente thriller e affermare che i personaggi di Adorf e della Thulin sono inutili mi pare una scemenza, dato il loro ruolo da comprimari (la Thulin in particolare aiuta Sorel nelle indagini) e che il protagonista verrà sospettato proprio dell’omicidio del collega, ucciso dalla setta per incastrarlo. Inconcludente? E che diamine devi concludere, è un bel thriller con finale adeguatamente angosciante. Di argentiano o para-medesimo non ha un accidente, plot e argomenti lontanissimi dalla cinematografia dell’Hitchcock de’ Trastevere. Il film di Martino, aldilà della mancanza di pretese, mi sembra inferiore anche se gradevole. Bel giallo horror ma non mi ha inquietato quanto quello di Lado. Poi de gustibus, si capisce; ma Pasolini non c’entra una sega ed è giusto così.

Innanzitutto dovresti rivolgerti con termini e modi più gentili, dal momento che io non ho messo assolutamente nulla sul piano personale ma ho soltanto riportato il punto di vista unanimemente conosciuto del regista su una SUA opera che invece tu contesti sulla base di TUE opinioni personali.
Trovo estremamente offensivo e pretestuoso rimarcare la poca onestà intellettuale di Lado (messo inutilmente a confronto con altri registi) che ha SEMPRE (e non l’altro ieri, magari dopo qualche grappino di troppo) affermato di aver scritto e diretto un film sulla metafora del potere (cosa che farà anche in seguito con “L’ultimo treno della notte”).
La cosa non ti convince? La trovi poco credibile? Non capisco per quale motivo bisogna affermare che Lado sia un fregnacciaro solo perchè a te il film non è piaciuto o perchè non hai colto a fondo le intenzioni del regista. Insomma, perchè non credergli?
Ma ammettiamo anche per un attimo che Lado abbia sempre detto una marea di puttanate: fino a prova contraria il film è SUO e, visto che mi pare non abbia offeso nessuno, può dire benissimo il cazzo che gli pare su una sua creazione.
E poi, se proprio devo dare peso alle dichiarazioni di qualcuno, ne do certamente di più all’autore piuttosto che a un esagitato forumista su internet. Abbiate pazienza…
Comunque, sorvolando sulle metafore vere o presunte che probabilmente lasciano il tempo che trovano, ti invito a rileggere ciò che ho scritto: non ho mai parlato di miglior thriller italiano ma di uno dei migliori, cosa che confermo e sottoscrivo.
Dovrei argomentare? Francamente con te mi annoio perchè ho già capito che è come dialogare con un sordo. Per me sono già sufficienti i primi 5 minuti del film e l’agghiacciante, angosciante e meraviglioso finale per farmi spellare le mani dagli applausi.

Cito testualmente dal post di apertura di Tuchulcha: […] “Un bellissimo film dell’orrore che è anche una metafora sul potere,consigliatissimo…” […]

La pretesa di metafora sul potere, ripeto in modo che si capisca bene, è proprio ciò che contesto io. I personaggi del film non hanno un ruolo che sia veramente rilevante in nessun caso (a parte Sorel e Bach, ovvio), come nei migliori gialli/thriller. Ecco, questo, secondo me, è proprio un thriller senza thrilling. Anche l’uso del technicolor (seppur la fotografia non sia affatto male e l’ho gia detto nel mio primo intervento) priva un po’ d’atmosfera tutto il film. Ma soprattutto: perché queste ragazze venivano fatte sparire? Il finale non lo dice con chiarezza.

Sì, de gustibus, appunto. Però, mi sembri un tantino infervorato. A te La corta notte… ha inquietato? Buon per te. Io lo trovo un film malriuscito: tu hai potuto esprimere liberamente la tua opinione su questo forum? Posso farlo anch’io senza dover litigare? Stiamo parlando di un film, è solo un gioco.

Sul perché ho citato il film di Pasolini, rimando alla tua affermazione fatta nel post di apertura di questo 3d che ho riportato in alto…

A John Trent rispondo in privato perché gia così è OT…

Per chiarirvi a livello personale, contattatevi, giustamente, via PM.

Colgo l’occasione per sottolineare l’indubbio contributo di Lado al cinema “thrilling” italiano dell’epoca (almeno con il trittico Corta notte/Chi l’ha vista/Ultimo treno). Regista e autore a tratti superiore e più “impegnato” (passatemi il termine…) rispetto ad alcuni suoi colleghi. E’ quindi naturale trovasi in disaccordo su un suo film in quanto, per i suddetti motivi, ricchi di spunti e chiavi di lettura differenti…ritengo utile l’opinione di ciascuno di voi…non scannatevi che non ne vale la pena.

Detto questo comunque, personalmente i film di Lado non mi fanno impazzire. Apprezzo la professionalità, serietà e lo stile presente nei suoi lavori, ma in definitiva non sono forse le caratteristiche che ricerco in un film di genere. A conti fatti, a livello di “quello che me comunica (cit.)” lo associo ad un Barilli con il suo “il profumo della signora in nero” o ad un Crispino di “Macchie solari”. Altri due grandi “incursori” del thrilling dell’epoca che, nonostante l’autorevolezza dei loro lavori, non sono riusciti a lasciare un segno indelebile nelle MIE visioni.
Ripeto, tutto a livello strettamente personale e della mia visione, sempre più distorta, del tutto.

Infervorato? No. Semplicemente, mi pare tu stia sparando a zero su un classico dell’horror made in Italy con argomentazioni pretestuose e debolissime. Che si possa leggere come una metafora sul potere non significa che vada visto per quello, rimane un film di genere che appunto propone ANCHE certi argomenti; come la saga zombesca di Romero che ha risvolti sociologici ma al pubblico giustamente piace perché è innanzitutto un’epopea dell’orrore memorabile. Tu mi tiri in ballo Pasolini, col cinema di genere non c’entra nulla: sarebbe appunto come se io stroncassi la notte dei morti viventi concionando “ma quale denuncia della società americana, guardatevi Elia Kazan!”

Vabbè, macchie solari è già diverso, un thrilling con meno pretese e in definitiva più lineare anche se originale. Lado e Barilli avevano sicuramente qualche ambizione in più, lo ammettono per primi: ma, ripeto, non credo abbia senso giudicare i loro gialli dal fatto che siano o meno in grado di portare avanti un discorso “alto” di denuncia socio-politica. La corta notte delle bambole di vetro è innanzitutto un gioiellino d’angoscia: poi ci sta che a uno spettatore possa non piacere, ci mancherebbe. Ma un conto è dire " a me ha annoiato, che vi devo dì"; altro è dichiarare “eeeeh ma vuoi mettere Petri e Pasolini”… ok magari Petri ce lo potrei lasciare in quanto Indagine si può senz’altro considerare un noir; ma Pasolini no, porca vacca! Aggiungo anche che non siamo viole mammole qua dentro, siamo tutti aficionados e ci sta che ci si scanni in merito a un determinato film, finché non si passa il segno. Non mi sembra di aver mandato affa Vianazzi; mi sentirei d’altro canto un pirla a portare avanti una discussione appassionata con frasi tipo “mi consenta, invero la sua posizione sulla presente pellicola è oltremodo tendenziosa ed equivoca e andrebbe rettificata davanti a una tazza di the…” Se poi si sente insultato o la considera una lite solo perché non condividiamo le sue dotte analisi del film, non aggiungo altro perché la cosa si fa tediosa e veramente passa la voglia di postare.

Conoscendo Lado personalmente posso dire con sicurezza che quando parla di sottotesti politici presenti nei suoi film lo fa in maniera sincera e in totale buona fede.
Poi magari questi aspetti dei suoi film possono non piacere, possono sembrare abborracciati, irrisolti, pretestuosi, goffi ma comunque esistono e non vedo perché dovrebbero essere negati.
Uno dei grandi meriti di certi film di Lado è che funzionano perfettamente indipendentemente dai loro contenuti sociali o politici. Sono ottimi film di genere, con tutti gli ingredienti che un appassionato è lecito aspettarsi, un’innegabile cura nella confezione tecnica e per quello che riguarda le performance degli attori. Poi se uno vuole approfondire può trovare metafore, significati nascosti e sottotesti che però esistono veramente, non sono i deliri di certi talebani del regista (tipo le assurdità sul simbolismo esoterico presente ne La Terza Madre che certi fan tiravano fuori per difendere l’indifendibile) o di certi recensori che devono fare i fenomeni a tutti i costi (tipo alcuni giornalisti che si sentono in dovere di vedere significati nascosti in ogni dove e che cercano di intellettualizzare (!) tutto).

Per me La Corta Notte è un grandissimo film anche solo per la sua opprimente atmosfera praghese, quell’aria asfissiante di mistero e complotto fotografata in maniera magistrale dal grandissimo Ruzzolini, le musiche, alcune scene di una bellezza quasi insopportabile (il frigorifero…), un montaggio modernissimo e pieno di intuizioni felici (chissà perché questo non lo cita mai nessuno), un cast giustissimo - per fortuna che alla fine non è stato preso Terence Hill per il ruolo di Sorel - e una storia che affascina fino alla fine, dove il gran finale è davvero grande, maestoso, potente.
E se anche qualcosa alla fine rimane irrisolta a livello di sceneggiatura non credo proprio che sia un dramma. Da un film come questo non mi aspetto certo un rigore cartesiano per quello che riguarda lo script, anzi, certi presunti buchi ne aumentano il fascino.

Voglio dire: chi se ne frega di sapere perché le ragazze sparivano? Sparivano e basta, non mi interessa sapere perché, è anche più inquietante (e affascinante) che la cosa non venga svelata.
(comunque, in virtù delle mie conversazioni con Lado, posso dire che il fatto che queste ragazze spariscano e basta è assimilabile alla metafora sui giovani che partono per la guerra di cui si diceva prima. Come i giovani soldati partono e muoiono non si bene per cosa, senza un motivo, così anche le ragazze sparivano e morivano senza che ci fosse una vera ragione dietro. Ma questa spiegazione non è assolutamente necessaria, il film è godibilissimo anche se non ci si sofferma su queste cose).

Sparare a zero significa bollare una qualsiasi opera con termini tipo “cagata pazzesca”, “cesso” et similia. Al contrario, io ho espresso tutte le mie perplessità su un film che è stato definito dai più (ma, attenzione, non da tutti) come uno dei migliori gialli/thriller italiani. Ho detto CHIARAMENTE che trovo soggetto e sceneggiatura insulsi (cioè privi di dinamismo, scialbi), che il plot, generalmente è poca cosa rispetto ad altri gialli/thriller coevi IMHO meglio riusciti di questo, ho detto chiaramente che in questo film manca non solo la giusta dose di thrilling ma anche la giusta dose di detection dato che è un film che gira a vuoto per quasi 1 ora e mezza e viene risolto da un espediente che mi è sembrato posticcio. Il finale è d’effetto ma non conclude nulla. Ho anche accennato al fatto che i personaggi non abbiano quel “peso specifico” e/o rilevanza necessari a definire e sfaccettare nella maniera migliore il protagonista. Sono comprimari, sì, ma vacui, senza funzione narrativa specifica.

E’ chiaro adesso, Tuchulcha? :smiley:

Ma insomma, mi sembrava tu fossi d’accordo con me e con gli altri nell’ammettere la totale estraneità di qualsiasi discorso metaforico in un film che è unicamente un giallo/thriller e adesso cambi nuovamente idea?! :shock:
Scusa, ma allora lo fai apposta a far finta di non capire. Lo ripeto per l’ultima volta: se mi dici che La corta notte… è anche una metafora sul potere, io ti rispondo di no, che secondo me non è così e che come metafore sul potere gia esistono film specifici come quelli - per esempio - di Petri e Pasolini. Pertanto: lasciamo questo film di Aldo Lado al suo naturale genere d’appartenenza, il giallo/thriller appunto.
Ammazza che fatica…

Ecco, non mi hai mandato a quel paese, è vero, però in questo modo, invece che pensare a difendere il tuo punto di vista in merito al film, stai gia facendo lo spiritoso. Io, invece, continuo a criticare (motivando) un film, tra l’altro, estremamente marginale nella storia della cinematografia italiana.

@Giorgio Brass:
D’accordo, non discuto la buona fede di Lado. E’ solo che non trovo in questo film corrispondenze tra segno e significato, così come lui sostiene. Grande cast, buona ambientazione, bella fotografia: condivido, l’ho ammesso in partenza. Ma non basta per farne uno dei migliori gialli/thriller italiani.
Guarda, la scena del frigorifero è effettivamente quella meglio congegnata e riuscita anche se totalmente avulsa dal contesto della storia.
Ripeto, secondo me i migliori thriller sono altri. Ti do ragione anche sulla non-necessità di un “rigore cartesiano”, ma pur sempre, continuo a vederla un po’ alla maniera di Lenzi e Fulci, cioè tutto deve seguire un filo logico (più o meno…), dare informazioni allo spettatore, coinvolgendolo emotivamente e chiudendo la storia in maniera chiara. Credo solo Dario Argento, vista l’immensa classe, potesse permettersi uno stile tutto suo, almeno ai bei tempi…

[…] alcuni giornalisti che si sentono in dovere di vedere significati nascosti in ogni dove e che cercano di intellettualizzare (!) tutto).

Alcuni film - non tutti, ovvio - possiedono diversi livelli di lettura. C’è chi è in grado di discernere e chi no. Qui andiamo pesantemente OT però ti chiedo, Federico: ma pensi sul serio che i critici cinematografici siano allo stesso livello dello spettatore distratto che va al multiplex per passare 2 ore in allegria e sgranocchiare pop-corn? Dietro la formazione di un critico ci sono faticosi studi teorico-filosofici sul cinema, nonché di storia e tecnica del cinema, oltre che di semiologia, psicanalisi e quant’altro. Prima di diventare regista, Truffaut era critico cinematografico così come Argento, Antonioni e tanti altri. E’ un approcio diverso al cinema, sono due mondi che non s’incontreranno (quasi) mai.
CHIUDO OT

Mah, guarda, per me questo non è neanche un giallo vero e proprio. Quando infatti la Neo Publishing volle farlo uscire nella sua collezione dedicata appunto ai gialli io non ero proprio convinto della bontà della scelta (e ancora sono scettico) perché non mi sembra un film etichettabile.
Lo trovo un film molto personale, libero, non catalogabile.
Quindi la presenza di un filo logico e di un pettine che alla fine scioglie tutti i nodi mi sembra assolutamente non necessaria, non in questo film almeno. Mi piace quando tutti i tasselli del puzzle tornano al loro posto ma non in film come questo.
Per me è un thriller atipico, un UFO.

Due righe al volo anche sulla questione dei critici.
Ci sono film che sono indifendibili e che però per piaggerìa, per timore, per soggezione verso l’autore o anche semplicemente per boria e per incompetenza vengono osannati senza motivo. E quando non è possibile portare dati oggettivi circa la sbandierata eccellenza del film c’è spesso il facilissimo ricordo all’elenco dei sottotesti, delle metafore e di tutte quelle cose che i poveri spettatori sfigati non possono capire perché non sono grandi critici…
È questo che mi procura un fastidio inaudito, specialmente poi quando certe recensioni sono imbottite di presunti paroloni usati in maniera totalmente casuale tanto per far rumore e, a loro modo, sorprendere il lettore.
Chiacchiere per nascondere il nulla, insomma.
Secondo me, però, per un film come quello di Lado tutte le possibili letture che vanno al di là della storia raccontata (chiamiamola thriller) sono più che legittime e hanno ragione di esistere, non servono a nascondere nessun vuoto e, anzi, sono un valore aggiunto.

sono pienamente d’accordo.
perché delegittimare la metafora proposta dal film? tra l’altro tirando in ballo il “genere” nudo e crudo che non ha bisogno di metafore, tanto già Pasolini e Petri hanno realizzato loro metafore migliori…?

il film di Lado è, piaccia o no, anche una metafora politica… ed è perfino -imho- una metafora potente e ben gestita (come tutto il film, che funziona alla grande proprio perché poco allineato rispetto alle regole del thriller canonico… ed ha ragione Giorgio a parlare di Ufo… d’altronde il vero punto di forza del film è l’anomalia, la sua atmosfera opprimente e oppressa, il suo girare apparentemente a vuoto, il suo ritmo dilatato e angosciante).
poi che non sia necessario rilevare i sottotesti e che il film è godibilissimo anche senza interrogarsi sul valore politico delle scelte del regista è altro discorso. sacrosanto, aggiungo.
tuttavia così come ne L’ultimo Treno, è chiaro che a Lado interessava fare un certo tipo di discorso e lo ha fatto.

secondo me ti sta semplicemente sul culo Lado. pertanto tieniti stretti Puzzleini e Petri e vivi felice!
le presunte critiche motivate che hai portato in questa discussione si smentiscono facilmente. è che a smontare un film come fai tu sono capaci tutti.
a questo punto io posso dire che Indagine è un film insulso e caricaturale che gira a vuoto per 2 ore e con un finale che, non solo non è ad effetto, ma non vuol dire proprio niente!
per non parlare di Salò, l’anarchia del potere… ma vattelaaaaaaaaa!!!1

I primi 6 minuti del commentary tradotti in italiano.
Credo che il resto lo tradurrò nel 2025…


Benvenuti al commento audio de “La Corta Notte Delle Bambole di Vetro”, io sono Federico Caddeo, il moderatore, e sono qui con il regista Aldo Lado.
Stiamo vedendo il prologo del film. Dove l’avete girato?

Questo l’ho girato a Praga. Ho girato lì anche perché era la città dove il film era ambientato. Avrei voluto girare tutto il film a Praga ma il comitato che vigilava all’epoca quando si girava un film mi aveva negato il permesso dicendomi che il mio film era troppo politico. Quindi ho comunque girato delle scene a Praga come se stessi girando un cortometraggio o un documentario. Ho poi scelto delle location a Zagabria dove ho potuto girare il film perché ha le stesse caratteristiche architettoniche di Praga.

Poi non dimentichiamoci che stiamo guardando un film del 1971, e all’epoca la situazione politica a Praga era quantomeno difficile…

Beh, sì, era difficile come in tutti i Paesi dell’Est. C’era un modo di vivere che era diverso, c’era un comitato che decideva tutto quello che andava bene per il Paese, o meglio, per il Regime. 3 o 4 anni prima c’era già stato Palach, i carri armati dei Russi, l’avvento di Dubcek… Quindi nel 1971 la situazione era ancora più delicata.

Adesso stiamo vedendo per la prima volta il protagonista del film: Jean Sorel. È un film con una struttura molto anomala, con numerosi flashback ma ne parleremo dopo. Qui dove siamo? Sembra un parco, il giardino di una villa, qualcosa del genere…

Sì, è un parco di Praga. Quando lo spazzino scopre Sorel vede innanzitutto le sue scarpe, che sono un paio di scarpe preziose, di buona fattura, eleganti. Dopo scopre il corpo abbandonato sull’erba, cerca di capire se è vivo o meno e sente il rumore dell’uomo senza gambe che si trascina col suo carretto.

L’immagine dell’uomo senza gambe è molto particolare. Non so se un simile personaggio fosse previsto dalla sceneggiatura o se invece è stata una persona che avete incontrato a Praga e che avete deciso di inserire nel film.

No, no, era previsto!

Ah si?

Sì, lo volevo e l’ho fatto cercare. Volevo assolutamente un uomo senza gambe, un mutilato di guerra che avanza col suo carretto e con due pezzi di legno per trascinarsi in avanti. E infatti abbiamo trovato un poveretto in questa situazione che era perfetto per la scena.

Adesso vediamo i titoli di testa accompagnati dalla musica del Maestro Ennio Morricone. È interessante il fatto che assieme alla musica sentiamo anche un cuore che batte senza fermarsi.

Sì, è il cuore del protagonista che continua a battere. È un’idea di Morricone, l’ha avuta leggendo la sceneggiatura e quindi ha composto una musica con questa ritmica, diciamo così, all’interno.

Questa che vediamo è la soggettiva da dentro l’ambulanza e queste che vengono percorse sono le vere strade di Praga.

Esatto.

Era difficile girare così a Praga?

Mah, guarda… È stato buffo perché quando sono andato a Praga con un permesso della società iugoslava (la Jadran film) per girare il mio presunto documentario, sono comunque partito con gli attori principali: Barbara Bach e Jean Sorel, a Praga avevo bisogno solo di loro. Ho girato molto tranquillamente, senza avere i permessi perché quando sono arrivato un direttore di produzione mi ha chiesto dove volevo girare ed io gli ho detto le varie location. Lui quindi mi ha detto che sarebbe andato a procurarsi i permessi e che sarebbe tornato dopo 3 o 4 giorni. Dopo che è andato via ho dato una mancia, diciamo così, all’intera equipe che venne a prenderci all’aeroporto perché avevamo tutta l’attrezzatura e con 100 dollari a testa li ho convinti a venire a girare con me. Abbiamo finito di girare 3 giorni dopo e non ho mai più rivisto quel direttore di produzione che era andato ad ottenere le autorizzazioni.
La cosa più buffa è che il regime era talmente rigido che noi abbiamo girato persino davanti al Palazzo del Presidente della Repubblica dove c’erano delle guardie armate e nessuno è venuto a controllare se avevamo i permessi. Questo perché era talmente impensabile che qualcuno andasse a girare senza autorizzazioni che se qualcuno stava girando in quel posto doveva certamente avere tutte le carte in regola.

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Ecco, fa sempre piacere dialogare, civilmente, con utenti come Brass e Anomalia…

Interessante la trascrizione dell’audio-commento, anche se non scioglie tutti i miei dubbi: certo, la situazione del regime socialista era quella che era e qualcosa sulla miseria e le difficili condizioni di vita del popolo cecoslovacco emerge, effettivamente, qua e là (la storia delle scarpe l’avevo rimossa). Sembra più che altro l’omaggio ad un popolo in difficoltà non certo una metafora a tutti gli effetti.

(l’unico audio-commento di Lado che conosco è quello incluso nel DVD de L’ultimo treno della notte, anche se il mio francese è un po’ fuori-allenamento).

Circa il discorso sulla critica, ci sarebbero tante cose da dire ma qui non si può. Casomai, rinviamo altrove.

Giusto per rinfrescarmi le idee me lo son riguardato ieri sera. Mah, metafora politica potente mi sembra un po’ esagerato…
C’è un messaggio, che si può interpretare a vari livelli (la società dei potenti che succhia il sangue e uccide i giovani, i deboli, e poi zittisce tutti i contestatori ), che è comunque fortemente debitore (anzi, totalmente) a Polanski e che, a mio avviso, è stato usato soprattutto per costruirci sopra il film di genere.
Tra l’altro, mi piacerebbe sapere se è uscito prima il film di Lado o Hanno cambiato faccia di Farina, perché anche quest’ultimo rientra in questo filone.
Alla fine, poi, arriverà Yuzna con il suo Society…

magari è esagerato, ok, ma imho il gran finale ha un impatto visivo potente che fa esplodere l’intera metafora.
poi certamente mica nego i debiti che il film può avere (come la maggior parte dei film) verso altri titoli… ma non per questo -e sempre per quanto mi riguarda- ne esce sminuito.
voglio dire, ok c’è Polanski etc… ma forse per questo Lado doveva evitare di fare un suo discorso approfittando di questo film di per sé cmq borderline rispetto al genere?
e certamente non era sua ambizione fare un trattato socio-filosofico (per fortuna!) sul tema del “vampirismo” del Potere, piuttosto ha messo in scena in chiave metaforica simbolica o cmq visionaria (imho egregiamente visionaria) questo “Potere” senza dare troppe spiegazioni.
ovviamente se uno si aspetta la riflessione profonda e militante resta deluso.
ma la metafora funziona ed imho è gestita molto bene.

Partendo dalla premessa che sono d’accordo in questo con te, io certo non vedo il film di Lado perché mi voglio fare seghe intellettualoidi sul Potere con la P maiuscola… lo guardo perché è un ottimo film, ok, punto. E funziona bene sotto tutti gli aspetti.
Non è vero-come sostiene Vianazzi-che è approssimativo in tutti i comparti, anzi, tutt’altro.

sai, la metafora politica c’è, è visibile, ma temo che all’origine fosse solo un pretesto per costruirci il film.
Cioè, mi spiego meglio:
Produttore: Lado, dobbiamo fare un film alla Argento, con un po’ di Rosemary’s baby, ok?
Lado: ok, prendo quel tema e ci costruisco il film (ma forse l’ha fatto prima Farina?). Il club di satanisti diventa il club del potere

Ok, il film è fatto e funziona. Dopo 30 e passa anni, Lado calca la mano sulla metafora politica… okay, ci sta, un minimo di frustrazione da regista di “seconda fila” deve essere appagata…

sì sì sono perfettamente d’accordo.
anch’io guardo La Corta Notte senza il bisogno di intellettualizzare il film ad ogni costo.
e certamente, come scrivevo anche prima, il film per funzionare -e per determinare l’atmosfera che lo pervade- non ha bisogno necessariamente del suo apparato simbolico.
però, e torno a quanto scriveva Brass, il sottotesto del film c’è, ed è cmq un valore aggiunto (coerente, inoltre, con il percorso del regista… che ok ha fatto sempre “genere”, e lo amo anche per questo, ma spesso ha usato il genere per esprimere una sua visione ideologica ben precisa.
frustrazione da regista di “seconda fila”?
magari è come dici tu.
per come la vedo io Lado è un bravissimo regista che, intelligentemente, ha saputo coniugare le sue esigenze con quelle del sistema produttivo che gli permetteva di fare cinema).

Seconda fila per la critica imperante e perché appunto non ha mai avuto la possibilità di esprimersi con grandi budget, mica per altro, naturalmente. Però, anche scorrendo la sua intera filmografia, mi riesce proprio difficile scorgervi un obiettivo culturale/ideologico profondo…

beh sì, se parliamo di “obiettivo” hai ragione.
l’obiettivo era fare film:)
magari però anche confrontandosi con i testi di Moravia o Patti, per fare un esempio diverso dal solito Treno, certo faceva i conti anche con alcune peculiarità culturali e ideologiche.

Benissimo!
E’ proprio quello che sostengo dall’inizio…

Infine, voglio prendere per buona anche la visione di LiberAnomalia, che definisce questo film come un UFO - acronimo che io leggo come Unidentified Filmic Object - però in base a questa interessante definizione, ne consegue che La corta notte delle bambole di vetro non possa esser considerato come “uno dei migliori thriller del cinema italiano” dato che, appunto in questo caso, thriller non è.

Badate che, in fondo, diciamo tutti le stesse cose… :smiley:

In merito al bel film di Farina: citazione appropriata che non mi era venuta in mente. Farina è di gran lunga più esplicito ma tutt’altro che didascalico.

No, beh, non mi pare proprio. Tu hai demolito il film, noi (chi in un modo, chi in un altro) lo stiamo difendendo.