Dal regista di Men behind the sun.
Un film brutale, nichilista, pessimista.
Racconta l’odissea degli immigrati clandestini che tentano il tutto per tutto per sfuggire dalla miseria della madrepatria cinese abbagliati dal miraggio del capitalismo hongkonghese.
Ma lo fa in modo che la violenza visiva e psicologica alla quale lo spettatore è sottoposto non possa lasciare indifferenti di fronte al dramma di un enorme massa di esseri umani trattati come bestiame, come carne da macello, come merce che ha valore solo in funzione del ritorno economico che può offrire, altrimenti va gettata via come un oggetto inservibile che è solo di impiccio.
Se sbarcando sulle rive del protettorato britannico finisci nelle maglie di uno dei raid della polizia sei solo fortunato, verrai deportato nel tuo paese d’origine subendo soltanto qualche maltrattamento da parte dei militari.
Altrimenti verrai intercettato da qualche banda di trafficanti di migranti, gente brutale e violenta, senza scrupoli e senza anima, che cercherà di “rivenderti” a caro prezzo ai tuoi parenti che già vivono in città. Nel mentre vivrai ammassato in situazioni subumane, vittima della brutalità e del sadismo dei tuoi carcerieri, in condizioni igieniche abominevoli, vessato da torture, sadiche violenze, stupri.
Se alla fine salta fuori che di partenti a Hong Kong non ce li hai, o se non possono pagare il riscatto, allora se sei donna verrai venduta ad un bordello, se sei uomo verrai portato a largo con una barca e affogato in mare.
In questo contesto la vita in sé non ha valore alcuno.
Il film, rilasciato ad HK il 26/11/1980, esce con un tempismo incredibile appena un mese dopo l’inasprimento della politica hongkonghese nei confronti dei migranti, un regime di tolleranza zero che di fatto non fa altro che rendere ancora più attuale il messaggio dell’opera.
Ciò che più colpisce durante la visione è la totale mancanza di empatia e di umanità da parte dei trafficanti, resa ancora più indigesta dalla violenza esplicita che viene insistentemente mostrata sullo schermo; i migranti sono privati di qualsiasi dignità, gettati nudi come vermi (donne, uomini e bambini) nella sporcizia e nel letame di una stalla, picchiati a sangue, picchiati a morte, torturati per crudele sadismo, umiliati, traumatizzati, destabilizzati psicologicamente, bruciati vivi davanti ai propri cari.
Un film difficile da sostenere, in cui la componente exploitation va di pari passo col vibrante messaggio di denuncia sociale, e nel quale quasi mai le scene a cui assistiamo risultano gratuite o compiaciute (sebbene talvolta la mdp si soffermi con fare un po’ troppo voyeurista sui nudi femminili).
Sicuramente il film più crudo ed estremo prodotto dagli Shaw Brothers, per chi non l’ha mai guardato neppure una volta una visione è d’obbligo.
Il regista già qualche anno prima si era cimentato con la tematica dell’immigrazione clandestina col film Bank Busters, che però che io sappia è attualmente irreperibile.
Da segnalare come il ben più modesto Unreal dreams ricalchi un po’ le sequenze iniziali di Lost souls (l’estenuante traversata in mare, lo sbarco e la fuga dalla polizia, l’incontro con un gentil vegliardo che propone ospitalità e rifugio ai migranti per poi segregarli in attesa del riscatto delle famiglie…), per poi però prendere tutt’altra strada dopo circa un quarto d’ora.