in molti si sono affannati a trovarci una metafora sulladdrogah o sulla dipendenza da smartphone o uno spaccato sull’odierna gioventù incenerita arrivando a scomodare il pur brutto kids di clark.
a ognuno le metafore che si merita, io ci ho semplicemente visto un più che riuscito pacchetto di aggiornamenti di questi anni 20 applicato a spiritika e al carrozzone (funebre) degli ouija-movies, facendoli flirtare con poche ma tostissime parentesi degne di un torture porn che non abbandonano facilmente la memoria. a ciò si aggiungano echi di barker, del jackson di sospesi nel tempo (ma in salsa stramaledettamente seria) e di hereditary, nonché risonanze dell’orgia finale di society, il tutto dopo una partenza da teen-comedy cazzara e allegrona.
visto senza saperne assolutamente niente, a me due ceffoni da capogiro li ha assestati.
Classico horror moderno post-Hereditary, con la tragedia realistica che si evolve nel sovrannaturale eccetera, però l’ho trovato un tantino superiore alla (pur bassa) media. Non mi sono strappato i capelli, ma neanche mi sono pentito di averlo visto.
Visto su internet. Qualche buona scena ad effetto, ma diversi buchi di logica, personaggi che vanno e vengono (il biondo lungo crinuto ad esempio) e un’idea che viene dritta da CARNIVAL OF SOULS, 1962.
vabè, che discorsi, rincorrere o pretendere il nuovo nel 2023 dopo oltre 100 anni di cinema e più ancora di narrazione letteraria. non esiste il nuovo, è solo una mascherata del vecchio o ciò che abbiamo dimenticato. di nuovo e di più avanzato ci sono solo le modalità narrative ed espressive nel raccontare per la milionesima volta qualcosa (leggi: sempre la stessa cosa). se dobbiamo stroncare o liquidare sommariamente sulla base di un raffronto, tanto vale rimproverare che è un misto di spiritika e carnival souls passando per ari aster e chiuderla lì.
e anche additare i buchi di logica mi lascia perplesso, tanto più negli horror: i buchi di logica nel cinema sono di casa in ogni film perché il linguaggio cinematografico è da sempre quello del sogno, si può anzi dire che vive proprio di alogie.
Concordo che l’idea di base in fondo non conta, però se il film non sorprende, non coinvolge e non ha una voce propria che ce lo guardiamo a fare?
Talk to Me per me ha avuto il pregio di essere un tantino meglio dei tanti horror moderni acclamatissimi ma fatti (dichiaratamente, vedi Blumhouse) con lo stampino.
Anche se alla fine non è roba per noi, ma per i ragazzini che vanno a vederli per sentirsi grandi.
Oltretutto so che la scena in cui Riley di fatto è prigioniero all’inferno è stata molto accorciata in produzione per evitare divieti pesanti. Una volta non l’avrebbero fatto.
essendo insiemistici questo film è una delle cose migliori di questo biennio in termini di dinamiche, grammatiche e retoriche dell’horror. se vai a vedere (sparo a caso tra le ultime visioni personali) saw x, il prequel dell’esorcista e di pet semetary, l’esorcista del papa, tinnitus, ultrasound, till death do us part, la abuela, il quarto jeepers creepers, consecration, nocebo o the boogeyman (e si potrebbe continuare altre 5 righe) ti avvedi di come questo in proporzione è un film capace di sorprendere, coinvolgere e con una voce bella tonante, tutta sua. specie per essere un esordio fatto da due ragazzini sotto l’egida della A24
Sì, sono abbastanza d’accordo. Gli ultimi anni sono stati pessimi per il genere, e le eccezioni sono molto rare. Questo almeno non m’ha fatto bestemmiare.
Concordo che, pur essendo un frullato di cose venute prima, sia una ventata di aria fresca di montagna che profuma di fiori, rispetto alla media dell’horror anglosassone degli ultimi tempi (con dovute eccezioni, ovviamente).
Bellino, come dice @schramm altro non è che una rivisitazione di film sul genere di Spiritika.
Divertente l’aver inventato l’oggetto maledetto con tutte le sue leggende e meccaniche dietro.
Come già detto ci sono alcune scene davvero shock e altri momenti dove il non mostrare l’orrore genera comunque tensione e disagio.
Un film che funziona, ce ne fossero!
Piaciuto molto, rivisto di recente e confermo la prima impressione positiva. La cosa più carina del film è l’idea che evocare spiriti non sia solo una sfida ma anche un po’ una droga, un gioco di cui gli adolescenti non riescono a fare a meno. Ironia, bei dialoghi e qualche momento da pelle d’oca abbastanza indovinato.
Mi stacco dal coro di chi ha gradito. Indubbiamente qualche situazione è ansiogena e la scena gore clou è efficace ma nel complesso la sensazione è stata quella di una certa scontatezza.
Sarà poi che mi ha indisposto da subito la coglionaggine teen ed il fatto che i protagonisti facevano sempre quello che era ovvio che non avrebbero dovuto fare ma ho visto lo svolgimento del film con un occhio al contaminuti.
Troppo generoso a mio avviso il paragone con Hereditary et similia. Se po’ vede’ ma allora preferisco alcuni Blumhouse.