Un borghese piccolo piccolo (Mario Monicelli, 1977)

Mi unisco al coro degli “osanna”: gran film, che mostra uno spaccato clamorosamente riuscito dell’italietta che fu. Ho letto anche il libro e penso di poter affermare che Monicelli abbia fatto un ottimo lavoro, pur con le dovute differenze.

Guardate, sin da bambino, ho bazzicato presso tanti uffici amministrativi, municipali, ospedalieri e altro (quando accompagnavo mio padre) e ogni volta che rivedo film come Un borghese… e/o Fantozzi, rivedo esattamente quell’universo lì descritto che mi dava un profondo senso di repulsione e fastidio.

Io questi film li definisco: “film storici”, perché documentano seppur, a tratti, in maniera grottesca, cos’era l’Italia sino a 30 anni fa.

Da tramandare ai posteri.

non facciamo di tutt’erba un fascio. ci sono anche dei dipendenti pubblici che fanno il loro dovere. lavoratori che, nonostante lo stipendio da fame, le delegittimazioni del potere politico e la vita senza soddisfazioni professionali, tengono in piedi, con le tasse, questo Paese e anche i suoi evasori fiscali.

monicelli mostra in maniera perfetta lo sconvolgimento del tranquillo borghese comune dinanzi all’escalation di violenza della criminalità comune: e quindi la sua reazione sproporzionata che fa cadere il suo aspetto pacifico.

una borghesia che già di per se era impotente dinanzi a una società trasformata, sempre più preda delle sopraffazioni e del clientelismo (passaggio obbligato persino per raggiungere il diritto al lavoro).

E chi lo nega?
Fatto sta che in certi ambienti l’atmosfera era davvero pesante. Le sopraffazioni e l’arte di leccare il fondoschiena ai superiori, la totale identificazione col proprio posto di lavoro, la corsa quasi frenetica ad accaparrarsi il posto per il proprio figliolo tramite raccomandazioni, sotterfugi vari e via elencando, erano una realtà dell’epoca che il film racconta bene e che non m’invento certo io, senza nulla togliere ai dipendenti pubblici degni di stima.

Ti garantisco di aver assistito a scene davvero pietose.

Ecco appunto, sosteniamo praticamente le stesse cose. :wink:

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giovanni vivaldi è infatti una vittima del sistema: è costretto ad adeguarsi e a sottostare al clientelismo per riuscire a far prendere il posto di lavoro al figlio. che, altrimenti, pur preparato, rischiava di vedersi sorpassare da concorrenti protetti.

in questo sta la doppia tragicità della storia del film.

Crocitti nel film sembra tutto fuorchè preparato:D
Ma non vi ricordate la sua titubanza nel dire che è uscito con la media del “6,4”? :smiley:

bè certamente un genio non era:). in realtà si era diplomato con voti bassi (che erano invece importanti per partire bene alle selezioni del concorso), e quindi suo padre (furbamente) tira fuori qualche balla col dottor spaziani per fargli migliore pubblicità.

Che poi si tratta di un modo di fare tipico di molte persone, no? Quello di considerare sé stessi (o i propri parenti) meglio degli altri anche quando c’è l’evidenza dei fatti a negare quella stessa convinzione!

Alludo anche alla scena dell’autobus, che sicuramente vi ricordate: il paragone che il sor Vivaldi fa tra il figlio-bamboccione e lo scalmanato con radio “a palla” che agita il sedere a ritmo di musica…scalmanato, nella convinzione dei suoi sicuri convincimenti piccolo-borghesi, magari si tratta di un onesto operaio che si reca al posto di lavoro.
E dall’espressione di papà Giovanni Vivaldi emerge proprio quella sorta di razzismo che parte di una certa classe, costituita anche da persone meschine che in definitiva valevano meno di un calzino sporco, nutriva nei confronti delle, cosiddette, classi inferiori. Cioé: chi ti dice che l’operaio che balla di buon mattino in autobus non sia meritevole di rispetto tanto quanto i’ tu’ figliolo ben vestito/ben pettinato ma fortemente inesperto della vita e di tutto? E poi, quando s’è vittima d’ingiustizia, si mette tutti nello stesso calderone e non si distingue più tra vittime e colpevoli. Ma soprattutto, si smette di guardare a sé stessi, di osservarsi, sino a rendersi giustificabile ogni sorta di giustizialismo e di linciaggio (il giovane sequestrato, vittima della tremenda vendetta di Vivaldi).

Monicelli rende questo molto bene, anche se carica un pochino i personaggi, com’è nel suo stile.

Ovviamente, questa è la mia personale lettura del film…

probabilmente giovanni vivaldi riteneva che suo figlio poteva avere soddisfazioni professionali migliori di lui dalla vita. e poi all’epoca (quando fu girato il film) il diploma era un titolo di studio che valeva molto di più di oggi.

per vivaldi è un prendersi una rivincita dalla vita attraverso le possibilità di suo figlio: tant’è vero che vivaldi appare euforico nel momento in cui inizia a sponsorizzare il figlio al ministero e lo instrada per la preparazione a un concorso difficile ma importantissimo (una vitalità e un ottimismo così forti da farlo sfrecciare per tutta la città con una 500 giardinetta, incurante delle multe dei vigili e dei semafori:)).

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Come no, essere diplomati (“…ragionier Vivaldi!”) allora, era una gran cosa!

Concordo su questo punto…

…non concordo su quest’altro :smiley:
Sono del parere che a farlo sfrecciare in giardinetta come un prepotente, fosse la sua innata stronzaggine italiota…la mia percezione di Giovanni Vivaldi è quella di un personaggio negativo, da capire ma da non imitare.

vivaldi è un italiano furbo ma è anche quello che cerca di sopravvivere (non essendo nelle condizioni di non poter chiedere favori ad altri per far sistemare bene il figlio). e sicuramente è la sua sfiducia nella società a farlo reagire vendicativamente contro l’assassino del figlio (durante il secondo confronto al commissariato lo aveva riconosciuto subito, e poteva denunciarlo).

Se è per quello anche oggi (ovviamente per quanto diguarda alcune qualifiche)
Ancora ricordo una animata dicussione sul fatto che la nostra amministratrice condominiale fosse o meno una “Geometra”. Come se fosse la cosa più importante della terra.

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Ma era una situazione che accadeva realmente? Intendo

il magazzino di bare in attesa di essere tumulate

ovviamente “caricata” ma possibile purtroppo…

calata nella situazione cimiteriale romana a me sembra plausibilissima

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ho rivisto per l’ennesima volta questo insuperabile capolavoro…
ma è mai possibile che nell’unica edizione in dvd vi sia solo una breve intervista a Cerami ? questo film meriterebbe una edizione ad almeno 3-4 dischi con ore ore ed ore di interviste, speciali ed approfondimenti.
Se pensiamo che la Filmauro ha fatto uscire il cofanetto di “Amici miei” senza il minimo extra… cosa ci dobbiamo aspettare ?
Speriamo in una bella edizione francese…

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Personalmente trovo il finale del film un po’ zoppicante, probabilmente Monicelli ha voluto sottolineare il compimento effettivo della trasformazione criminale del protagonista, in una visione crudemente pessimistica già evidenziata dalle parole del prete durante l’orazione funebre.
Una dura critica ai cambiamenti e alle trasformazioni socio-economiche in atto, in linea con le posizioni di diversi intellettuali dell’epoca (come Pasolini ad esempio)

In realtà entrambi gli omicidi non sono propriamente intenzionali, ma quasi accidentali.

E’ vero che Vivaldi è descritto sostanzialmente come un personaggio negativo: greve, meschino e potenzialmente violento (l’episodio del pesce, la cena scaraventata sul muro, le imprecazioni nel traffico). Il successivo agire non può essere una rilevante sorpresa, nonostante la cornice di sostanziale normalità che ne contraddistingue l’esistenza.

Comparsata per Beruschi.

In effetti il finale del romanzo mi piace di più, nella sua crudeltà satirica. Quello cinematografico fa troppo Charles Bronson in Death Wish.

tra i tanti mitici caratteristi che compaiono non accreditati nel film ho riconociuto tra gli altri l’ambiguo Marcello Di Falco in un paio di scene e persino in una comparsata al cimitero Gianni Baghino (per capire è Rivetti il direttore monco della New Telecineramek in Arrivano i Gatti !!!) :o

sempre durante la magistrale scena al cimitero, il protagonista ha un lungo dialogo con la non accreditata Nicolina Papetti, che molti ricorderanno come la mamma buzzicona di Bruno Sacchi (Fabrizio Bracconeri) e contemporaneamente moglie, udite udite, di Ennio Antonelli ( Spartaco Sacchi) ne I ragazzi della III C!!! :smiley:

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Ho da sempre visto questo film come due film in uno; la prima parte sembra quasi di assistere ad un Fantozzi di Salce, mentre dal momento in cui a Vivaldi uccidono il figlio il registro cambia totalmente da virare su altro genere. Questo è tra i film più politicizzati che abbia mai visto. In pratica c’è di tutto: anticlericalismo, attacchi alla massoneria, diffidenza nelle istituzioni e chi più ne ha più ne metta. La storia è solo un pretesto, a mio modo di vedere, per scazzottare nello stomaco lo spettatore, senza dargli tregua, forse anche per farci arrivare alla conclusione che un po’ tutti gli italiani siamo come Vivaldi. Essere come il protagonista significa essere lecchini, arrivisti e capaci di vendere anche l’anima al diavolo pur di arrivare a sistemare se stessi o qualcuno che ci interessa, con quella molla cinica che scatta nel momento in cui veniamo feriti. Il film è girato alla perfezione, con un cast che non ha bisogno di presentazioni, belle le scene nella sala massonica e quella al cimitero fa sempre la sua figura. Uno dei migliori film italiani di sempre (non è un caso che questo titolo sia presente tra i 100 film italiani da salvare) e tra le migliori interpretazioni di Sordi. Lo stesso Sordi dirà, spesso, che questo era il film che preferiva su tutti quelli da lui girati. Vinse diversi premi, tutti più che meritati direi

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