all’indomani di un fallito tentativo di suicidio ryan newman inizia a vedere antropomorfizzato wilfred, il cane della vicina della quale è segretamente innamorato (e a cui fa da dog-sitter) e a sentirlo parlare. per ryan, persona profondamente irrisolta, è l’avvio di una relazione tanto affettuosa quanto bizzosa, tanto risolutiva quanto catastrofica con un essere che ha tutta l’innocenza, il candore e la vivacità bambina di un animale e tutti i peggiori vizi dell’essere umano: sorta di frank gallagher teriomorfo, di grillo parlante al rovescio, vorrà davvero sanare ryan o incasinargli l’esistenza il triplo? e quest’ultimo, sta solo vivendo un sogno schizofrenico o wilfred esiste davvero?
mi stupisce che questa serie sia rimasta finora fuori board. con leggerezza (che non è mai superficialità) riesce a essere profondamente esistenzialista; con mostruoso senso del tragicomico e talvolta del demenziale e dello scatologico, a porsi come illuminante saggio sulla depressione e sulla solitudine e su come l’ossessione per la ricerca della felicità porti al peggio.
elijah wood (scommetto 100 a 0 che per morty - dell’altrettanto inspiegabilmente assente rick & morty - si sono ispirati a lui per come appare qui: è praticamente identico per movenze, fattezze, impostazione vocale e modalità espressive) e più ancora jason gann (che andrebbe promosso a patrimonio dell’umanità) sono affiatatissimi mostri di bravura e meriterebbero di essere inumati di premi un tanto a episodio. l’umorismo è agrodolce ma sempre esplosivo e quando deve sa essere anche nerissimo e molto acido e scorretto (in tutto culo ai wokers), il cinismo e il teppismo soffici ma poderosi, la sceneggiatura ha tutto il coraggio dell’illimitato e non teme di entrare in zona esoterismo e di buttarci giù con una manata (zampata) nelle puntate finali, dove si finisce col piangere come vitelli. irresistibili i cameos disseminati qua e là, da robin williams a tobin bell in un ruolo a suo modo confratello di jigsaw.
è soprattutto autoconclusiva: appena 4 stagioni da 13 episodi l’una di 22’ ciascuno (occhio al binge, gli episodi sono comunque molto condensati e dopo tre si va in saturazione) da gustarsi rigorosamente in originale.
Remake di una serie tv australiana, sempre con Jason Gann nei panni della bestia, per così dire. Proprio lui, per quanto mi riguarda, è il problema : ho visto a suo tempo qualche spezzone del telefilm, e non so se per colpa del costume, o della sua faccia (antipatica e sovente inquietante…), ma non riuscivo proprio a proseguire nella visione. Dovrebbe fare il serial killer o il maniaco sessuale, il buon(?) Gann…
più che remake è un rebootquel che sviluppa e dà seguito (e definitiva conclusione) in 4 stagioni a quel che nella serie aussie sono solo buoni spunti dipanati in metà tempo. di quest’ultima, mai vista, so che ha un’impostazione molto più dark.
a parte che se l’hai visto in italiano è come non averlo visto perché gann va giudicato per lo spettro interpretativo tonale e vocale, e a parte che non è da uno spezzone che andrebbe lapidariamente giudicata una totalità, direi che hai colto l’antifrasi di tutta l’operazione: quella di coniugare gli stereotipi dell’animale giocoso puccioso e tenero con la bestialità umana più laida e deteriore. è un elemento voluto e anzi cardinale, che all’inizio spiazza e fa attrito ma una volta che entri nel meccanismo il divertimento prende il largo. e con esso, via via, anche la commozione.
Bel giro di parole, di cui in pratica non ho capito un beneamato. Riassumo più velocemente : non è questione di voce. È che proprio mi ripugna la faccia di Gann. Forse è colpa del costume, o delle sue espressioni da stupratore perennemente infoiato. Preferisco non avere risposte precise in merito…
ok ma è una tua personale idiosincrasia, non è un giudizio di valore sulla serie o un criterio qualitativo della sua prestazione attoriale o delle sue doti di comico e di sceneggiatore (per le quali leggo che le sue candidature e i suoi premi li ha giustamente rastrellati). lo ripeto: le espressioni da stupratore infoiato fanno volutamente parte del pacchetto, dato che incarna un cane e i cani sono per propria natura laidi e quando vanno in calore non si regolano (e lui oltre che cane è anche uomo, per cui è doppiamente sessuato)… prova magari a partire dalla prima puntata, seguendo l’evolversi delle dinamiche narrative, magari nel giro di tre episodi ti acchiappa e scavalli l’antipatia.
Vista in relativamente poco tempo, approfittando anche di un leggero stato influenzale.
Mi è piaciuta ma allo stesso tempo mi è sembrato che le mancasse poco per essere davvero GRANDE – non saprei dire esattamente cosa, alle volte ho avvertito la sensazione/rumore/fumo di freno a mano tirato.
La serie si può definire una commedia, e diverte anche; ma eccelle soprattutto nei suoi aspetti più neri, oscuri, con momenti quasi lynchiani e di mistery burlesca.
La stagione migliore, a mio avviso, è la quarta e ultima; ma in generale la qualità degli episodi è buona e comunque la breve durata ne permette una gestione comoda.
Anche se non siete influenzati.
Menzione speciale per Mary Steenburgen - ho sempre avuto un debole per lei - ancora attraente a 60 anni (all’epoca della serie).