World War 3

Malgrado tutto continuo a preferire gli Usa alla Russia, anche se di poco.
Se rispolverassero le maglie CCCP allora ci sarebbe il sorpasso, quello si.

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Meglio ancora il giubbottino bomber con l’interno arancione, converrai

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Non credo alla teoria degli opposti estremismi che si toccano

io ultimamente un pochino ci credo

ma in realtà mi riferivo al bomberino con la scritta CCCP che aveva un mio compagno di classe delle medie, vuoi vedere che era solo una toppa che ci aveva incollato sopra per questioni di cerchiobottismo?

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E allora il PD?

E allora la la Juve?

Cool!

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Meno male che c’è Frank Miguel :heart:

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A forza di ripudiare la guerra, abbiamo smesso di capire la pace
di Giancarlo Loquenzi

05 Aprile 2022 alle 13:15

A forza di ripudiare la guerra abbiamo smesso di capirla e allo stesso tempo non capiamo più neppure cosa sia la pace. In Europa, assieme alla mal compresa idea della fine della storia ci siamo anche convinti della fine della guerra. L’abbiamo esiliata oltre i nostri confini e abbiamo uno sguardo miope e appannato su quello che accade lontano. I tanti conflitti sempre aperti in giro per il pianeta ci paiono episodi sconnessi, incidenti di percorso, manovre di assestamento, e non invece l’emergere in squarci di quella tensione profonda, tellurica, prodotta dalla permanente volontà di potenza e sopraffazione che anima il gioco delle nazioni. Le viscere del mondo sono in continua torsione e, nei luoghi di volta in volta più fragili, eruttano in conflitti visibili a occhio nudo.
In Europa la fine della guerra in casa da qualche decennio, dopo una lunga infilata di secoli di massacri e distruzioni, ci ha fatto credere che la pace fosse uno stato di natura. Sono rimasti in pochi quelli che hanno combattuto l’ultima e anche chi è sopravvissuto sembra oggi confondere torti e ragioni. Perfino i resistenti hanno dimenticato a cosa abbiano mai resistito.
Ma è piuttosto vero il contrario: il mondo è un posto brutto, sporco e cattivo, gli uomini che lo abitano sono animati da volontà di conquista, sopraffazione, egoismo, istinti tribali. In questo mondo la pace è l’eccezione e porta sempre attaccato un cartellino con il prezzo. In Europa non ce ne siamo mai veramente resi conto perchè quel prezzo lo hanno sempre pagato altri (cosa che ci ha permesso di avere sistemi di welfare di cui vantarci verso coloro che pagavano quel prezzo). Ma anche perchè, quel che pure abbiamo pagato lo abbiamo fatto senza rendercene conto: la costruzione dell’Unione Europea ammonta in buona parte al costo che l’Europa ha pagato di tasca sua per la pace nei suoi confini.
Non ce ne siamo resi conto abbastanza ma una pace duratura, come quella che il vecchio continente ha straordinariamente vissuto negli ultimi 70 anni, non si tiene in piedi con la buona volontà e i buoni sentimenti: ci vuole una istituzione a garantirla. L’Unione Europea con le sue burocrazie, le sue lungaggini, il suo grigiore bruxellese, le tonnellate di documenti in dozzine di lingue diverse, i suoi paradossi sulle misure delle vongole, ha letteralmente soffocato e represso ogni istinto bellicista di cui pure gli stati membri erano stati portatori per secoli. Non ce ne siamo accorti ma principalmente quello che paghiamo per tenere in piedi quel behemoth tecnocratico che tanti amano odiare - un bilancio annuo di quasi 200 miliardi, l’1 per cento del Pil europeo - finisce nei palazzi dell’Unione Europea per trasformare i cannoni in burro.
C’è una profonda contraddizione, in questo senso, nell’atteggiamento negoziale dei russi quando sembrano acconsentire all’adesione dell’Ucraina alla UE in cambio della sua rinuncia alla membership Nato. Quando è invece evidente che la trasformazione che produrrebbe l’ingresso a pieno titolo di Kiev in Europa sarebbe molto più minacciosa per la Russia dell’espansione del Patto Atlantico. Cosa che lascia pensare che tutto lo sforzo negoziale da parte russa sia stato fino ad oggi solo una pantomima per prendere tempo.
Con tutti i suoi difetti, le sue crisi e i suoi arretramenti, la costruzione europea ha retto ai cambi di leadership, ai vecchi e nuovi populismi, ai tentativi di sabotaggio e ha decuplicato il tenore di vita dei paesi ex sovietici che vi hanno aderito, mostrando che la democrazia e la rule of law possono attecchire anche in condizioni avverse e poi spargersi per contagio. Portare una tale storia di successo ai suoi confini è proprio la cosa che Putin teme di più, perchè nega il pilastro centrale della sua propaganda e della sua permanenza al potere: il declino irreversibile dell’Occidente democratico al cospetto della forza e della purezza del modello autocratico. Ai missili si risponde coi missili, alle bombe con le bombe: Putin non teme la Nato, semmai la disprezza. Il suo vero incubo sono le piazze russe che si riempiono della sua gente che grida, guardando oltreconfine, “vogliamo essere come loro”.
Ancora più incomprensibile e paradossale è l’effetto della guerra di Putin su di noi, proprio dal suo punto di vista. Dopo due decenni spesi a finanziare, corrompere, influenzare in ogni modo le élite occidentali per fargli dire “vogliamo essere come te”, per convincerle che ci vuole l’uomo forte per contrastare la deriva atea e genderista di un Occidente smidollato e senza futuro, ed essere andato molto vicino a riuscirci (andate a rileggere cosa diceva Savoini ai russi nell’Hotel Metropol, alla vigilia delle ultime elezioni europee) ecco che si toglie la maschera da seduttore e mostra a tutti il suo vero volto da Signore della Guerra. Con i corpi dei civili morti per le strade delle città ucraine assediate o bombardate che portano la sua firma. La guerra in Ucraina è un grande disvelamento che cambia il corso della storia. Oggi anche i suoi più fedeli sostenitori in giro per l’Europa sono costretti a ritrarsi, a nascondersi e a cancellare le tracce della loro acquiescenza. Si fa fatica a immaginare un errore di calcolo più gigantesco.
Resta un terreno su cui provano a riorganizzarsi i russofili, i putinisti, gli anti-americani, gli odiatori dell’Occidente di destra e sinistra, ed è proprio quello della pace. “Non è Putin il nemico, il nemico è a guerra” dicono gli ospiti nei talk show. “La pace a tutti costi” chiedono pensosi quelli che della pace hanno smesso di capire la natura. Se dalla pace si cancella il cartellino del suo prezzo, se si dimentica come e chi lo sta pagando, ecco che la pace smette di essere un prodotto storicamente determinato e diventa ideologia, diventa pacifismo. Quello stesso pacifismo che davanti al bivio evocato dal filosofo Emmanuel Mounier, tra “mai più guerra” e “mai più Auschwitz”, o mai più Sebrenica, o Mariupol, non sa come rispondere.

Finalmente anche gli ammerigani hanno capito che razza di imbecille hanno votato

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Perché tanto odio?

Forse perché Biden è uno scorreggione demente, manovrato dalla Clinton?

Però un po’ fa tenerezza, dai.

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Citavo Erika.

Vero, fa tenerezza. Ma le gaffes dell’altro facevano paura.

Ma ricordiamone una a caso:

“So, supposedly we hit the body with a tremendous, whether it’s ultraviolet or just very powerful light, and I think you said that hasn’t been checked, but you’re going to test it. And then I said supposing you brought the light inside the body, which you can do either through the skin or in some other way. And I think you said you’re going to test that too. Sounds interesting, right?” (enfasi mia)

Ciao!
C.

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Per una strana coincidenza questo è anche il titolo in inglese del romanzo della forumista @Grazie_Mari

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diciamo che se non altro Trump aveva il pregio di non fingere che gli USA siano nostri amici

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Né con URSS né con USA, non possa mai di moda a quanto pare.

Quelle non erano gaffes, era/è psicopatico di suo. Mi ricorda il Gregg Stillson de la Zona Morta, infatti King aveva sottolineato la somiglianza.

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