Dahmer - Monster: The Jeffrey Dahmer Story (Netflix, 2022)

C’è poco da dire sulla trama, 10 episodi biografici sulla vita e le nefandezze dell’inquietante.

Sono al terzo episodio, c’è un buon cast, la qualità è decisamente cinematografica, posso dire per ora che è realizzata con una pignoleria davvero di altri tempi, conosco la storia molto bene e l’attenzione data ai dettagli è piacevolmente sorprendente, dalla ricostruzione dei fatti ai vari media.
Per quanto 10 episodi possano sembrare uno sproposito (sperando di non ricredermi poi) scorre davvero bene, vi farò sapere.
Nettamente superiore ad altri prodotti on the block, come quello con Renner o My Friend Dahmer, pellicole care all’elusivo @Killer_Klown

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Per quello che il cinema offra in ambito true crime/serial killer, penso che qui siamo nell’Olimpo, indubbiamente trasposizione cinematografica più accurata che si sia mai vista, in ogni caso smentitemi.

Grandissimo Evan Peters, che per l’immaginario collettivo giovanile sarà il nuovo volto del cannibale.

Ho apprezzato molto l’ultima parte quando viene incarcerato, a parte l’omicidio da parte del suo fanatico religioso sapevo personalmente ben poco e ciliegina sulla torta, il cross-over con Gacy, lì per lì non avevo realizzato, ma appena si vede il quadro col pagliaccio… boom!

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Non ho visto la serie e non posso giudicarla ma la vicenda di Dahmer la conosco bene. In merito al periodo in carcere, le sue prodezze e i tentativi di disgustare gli altri detenuti con battutacce su cannibalismo e affini rientravano abbastanza nel suo carattere; anche da ragazzo a scuola si divertiva ad attirare l’attenzione comportandosi da idiota, facendo cadere dagli scaffali di un supermercato i prodotti eccetera. Di tutti i sadici sessuali di cui ho letto, resta uno dei casi più emblematici e affascinanti. Paradossalmente aveva più cose in comune lui con il fittizio Norman Bates di quante ne avesse Ed Gein, a partire dall’hobby giovanile per la tassidermia.

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Premesso che non sono un esperto e che film / serie tv limito a “farmele piacere”:

Ho guardato la serie ieri per intero, una scorpacciata come non mi capitava da parecchio. Anche io conoscevo già abbastanza bene le vicende di Dahmer perciò sapevo cosa aspettarmi.

Come già ribadito il protagonista superbo ma ho apprezzato anche altri interpreti, ad esempio il padre Lionel.

Ciò che mi ha colpito è come la serie vada a vedere anche il lato psicologico delle famiglie delle vittime e di quella di Dahmer stesso, avevo paura si trattasse di un prodotto puramente splatter (che in realtà non è quasi per nulla presente) incentrato più sulle nefandezze del serial killer stesso. Ho adorato anche la fotografia e i colori giallastri / cupi.

Se devo trovare una pecca è che dopo la prima eccezionale puntata per inquietudine e morbosità la serie rallenta un po’ il colpo subito dopo specialmente durante tutta la parte dell’infanzia/adolescenza, almeno personalmente l’ho trovata un po’ noiosa.

Inquietante come, in alcuni frangenti, quasi si possa provare empatia per Jeff.

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Nel libro di Brian Masters a lui dedicato l’empatia è in effetti assai presente. L’autore metteva in relazione il suo caso con storie analoghe come quella del britannico Dennis Nielsen, sottolineando come i loro crimini nascessero dalla solitudine (il che li accomunerebbe a un altro famigerato, il già menzionato Gein). Nonostante l’efferatezza dei sui delitti, durante gli interrogatori i detective si resero conto con disagio di trovarlo quasi simpatico, il cannibale di Milwakee (influivano la sua notevole intelligenza e un certo senso dell’umorismo. Come la volta che lo scortarono in tribunale, legato a una sedia a rotelle. Un’impiegata, riconoscendolo, urlò dallo spavento; lui serafico si rivolse alle guardie, mormorando: “Lo sapevo che avrei dovuto radermi, stamattina!”).

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Quando passi un certo periodo della tua vita con qualcuno che ti confida i suoi segreti e si mette a nudo, mostrandoti la sua fragilità, la possibilità di provare empatia anche se si tratta di un mostro è concreta. Il profiler John Douglas non ha mai fatto mistero della sua bizzarra amicizia con Ed Kemper.

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Eccezionale, imperdibile per gli appassionati di queste storiacce, e comunque grande cinema.
Quando la polizia trova nel cassetto le polaroid e si sono viste anche se solo per un attimo le vere foto dei cadaveri (a fine anni '90 erano su diversi siti shock tipo Rotten, me le ricordo benissimo) sono rimasto basito. Attori favolosi, Peters, Jenkins e Niecy Nash su tutti, e c’è pure Molly Ringwald di Breakfast Club.
Sesto episodio davvero commovente. Tremendi gli ultimi due, nei quali il pensiero ossessionante di Dahmer lo trasforma nella testa di chi ha avuto la sfiga di incrociarlo in una specie di Michael Myers.
Mi domanderò per sempre se Dahmer abbia avuto modo di ascoltare il pezzo 213 degli Slayer, il disco è uscito due mesi prima della sua morte. Di sicuro avrà saputo della sua esistenza, visto il rapporto epistolare con i “fan”.

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Seguita con interesse ; molto ben realizzata. Notevole la somiglianza dell’attore protagonista con il vero mostro di Milwaukee.
Verso il finale la serie sbraga purtroppo verso una piuttosto forzata deriva BLM + gli immigrati ne fanno sempre le spese, peraltro avvertibile per tutta la durata, ma il giudizio nel complesso è molto elevato. Scene notevoli quelle dell’autostoppista, quelle all’interno di casa della vicina (Che inascoltata da tutti aveva davvero inquadrato il personaggio sin dall’inizio) e nella seconda casa quando la madre lo lascia col padre che non c’è mai.

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