Decisamente d’accordo e mi pare che il segno più evidente sia la progressione geometrica dei budget affidati a Tarantino, a partire dai 100 milioni di Django, passando per i 70 di Inglourious Basterds, i 30 dei due Kill Bill, i 12 di Jackie Brown e via dimezzando.
Piaccia o meno, i film di Tarantino sono diventati blockbuster in piena regola destinati a un grande pubblico con tutto ciò che ne consegue. E’ una semplice constatazione, non un giudizio di valore.
Grindhouse/Death Proof lo vedo come un discorso a parte, un tentativo poco convinto e meno che convincente di tornare a un cinema più teso e a budget ridotto, che poi tanto ridotto non era. Fallito quello, Tarantino è tornato ai grandi numeri.
E come dicevo più su, 'sto film l’ho visto e mi e piaciuto, per me è stato più divertente di Inglourious Basterds.
In realtà IB mi aveva fatto un effetto strano, e uscito dal cinema soddisfatto mi ero poi reso conto che il film non m’aveva lasciato chissà che. Il motivo è che a un’ottima prima sequenza faceva seguito una trama che tradiva quel titolo cazzuto per concentrarsi sulla vendetta - occasionale e non ricercata come vuole il genere - di un personaggio (Shoshanna) poco interessante e poco carismatico. Il film perdeva per strada il focus e i Bastardi.
Django Unchained invece sta più sul pezzo e si fa ricordare con più forza.
Protagonista indiscusso è King Schultz/Christoph Waltz, che potrei stare a guardare per ore. Il suo personaggio non è solo un mentore/alleato come avevo immaginato, è anche quello che determina tutti gli snodi della trama e che presenta un certo arco di trasformazione, caratteristiche da protagonista. Al confronto, per quanto sia sempre molto cool, Django è una figura passiva che per buona parte del film si limita a seguire fedelmente Schultz. A mio avviso è da qui che deriva quel senso d’interpretazione svogliata e fuori parte che alcuni hanno avuto, come ricordava stubby, perché in una storia di ricerca e vendetta ci si aspetta che sia il ricercatore a fare le mosse principali. La coppia Django/Schultz ricorda più il rapporto fra Scott e Talby ne I Giorni Dell’Ira, e in questo senso il Lee Van Cleef del recasting postato da Giorgio Brass è azzeccato.
In ogni caso il duo funziona benissimo e diverte molto.Tutta la prima metà del film, l’avventura picaresca in giro per il per il West con le trovate di Schultz e l’ormai famosa scena degli incappucciati, è veramente godibile e ben girata. Fosse stato tutto così Django Unchained sarebbe stato una cannonata.
Invece al giro di boa, cioè quando il film prende una direzione precisa con un obiettivo definito ed entra in scena Candie/Di Caprio, per vari motivi il film perde un po’ quota.
Il primo motivo è che Di Caprio non ha il fisico del ruolo. In generale a me non dispiace come interprete e trovo magnifico il suo Howard Hughes in Aviator, ma qui serviva un tipo di presenza virile che Di Caprio non ha.
Qui servivano due spalle così, una mascella quadrata e un paio di baffi cazzuti, un volto maturo e spietato, un aspetto che facesse male solo a guardarlo e in grado d’incutere rispetto nel branco di sgherri e mandingoni tritaossa al suo servizio.
Una pensata a Franco Nero incarognito e sfregiato io l’avrei fatta, però poi quante ammiratrici di Leo ci saremmo persi?
Ma a parte il fisico da lanciatore di coriandoli e la faccetta da eterno ragazzino di Di Caprio, per me il problema sta anche nella costruzione degli antagonisti.
In un film del genere di solito hai un duo villain/henchman di personaggi complementari in cui almeno uno dei due è violento e letale, e sotto di loro c’è la massa di sgherri ad attestare carisma e potere del villain. Le coppie Indio/Niño in Per Qualche Dollaro In Più e O-ren/Gogo (più i Crazy 88) in Kill Bill sono esempi che tutti conoscono, in cui entrambi i personaggi sono killer spietati. Anche nella variante in cui uno dei due non è particolarmente violento (per esempio Morton/Frank in C’era Una Volta Il West) almeno l’altro è un omicida doc mentre il non violento avrà magari caratteristiche di genialità, intelligenza, perspicacia e potere economico che lo rendono altrettanto pericoloso (Morton fa quasi fuori Frank corrompendo i suoi aiutanti).
Il problema in questo film è che come villain Candie è un damerino fisicamente innocuo ma pure scarso di comprendonio, visto che
a differenza di altri non si accorge della familiarità tra Django e Broomhilda mentre come henchman Stephen/Samuel Jackson è invece davvero molto inquietante e perspicace
ma fisicamente menomato e quindi altrettanto innocuo.
Mettiamoci pure il
modo sbrigativo in cui Candie viene liquidato.
In sostanza, nonostante le ottime interpretazioni, come cattivi non mi sono sembrati irresistibili.
Un altro problema di scrittura sta nella questione della
posta in gioco durante tutta la parte ambientata a Candyland.
Nel corso della prima metà del film ci viene detto che 5000 dollari costituiscono una cifra rispettabile (vedi la reazione di Big Daddy all’offerta di Schultz), che 12000 dollari sono un’offerta “ridicola” (cioè clamorosa) e che Schultz si guadagna 7000 dollari con una sola taglia (l’esordio di Django come bounty killer).
Ma allora perché non offrire direttamente a Candie una somma di quel tipo per riscattare Broomhilda? La trama dell’inganno è piuttosto debole in sé, tant’è che lo stallo durante la cena a Candyland viene risolto semplicemente mettendo mano al portafoglio. Se si fa il paragone con la scena dei finti ufficiali nazisti nella taverna di Inglourious Basterds - dove essere scoperti significa morire e far fallire il piano per uccidere Hitler - si capisce bene la differenza tra le poste in gioco.
Nonostante questo, la scena mantiene una sua tensione e non mi è sembrata particolarmente lunga come è parso ad altri.
Quello che invece proprio Tarantino non doveva fare è
Interrompere a quel modo lo showdown che segue l’uccisione di Candie e Schultz.
Siamo nel mezzo di una sparatoria clamorosa dove gli sgherri di Candie cadono uno ad uno tra secchiate di sangue - Django Scatenato - e alzi la mano chi non ha immaginato stesse per sbucare la mitica mitragliatrice a falciare i nemici residui e magari a far saltare Candieland dalle fondamenta.
Invece Tarantino stoppa bruscamente l’ottovolante in corsa e incolla un paio di scene sbrigative (Django a testa in giù e il freak Tarantino che esplode) per poi arrivare a una seconda resa dei conti, necessariamente più scarsa visto che quasi tutti i nemici abili sono stati già uccisi. Tra l’altro in questa parte di film si sente fortissima la mancanza di Schultz.
Ecco, se Tarantino avesse evitato questa cosa deleteria il film ne avrebbe guadagnato in tensione perdendo 10 o 15 minuti inutili.
Il doppiaggio è così così, Stefano Benassi fa il solito buon lavoro con Waltz ma alcune voci minori sono tremende e scopriamo pure che “cazzarola” era una tipica imprecazione del selvaggio West.
Pino Insegno, che di solito fa le voci stentoree come Joker quando imita John Wayne in Full Metal Jacket, non fa troppi danni con la voce di Django, anche se
nel finale non resiste e lo tira fuori, il soldato Joker: “Eeh-hee-heeey Pi-iiccola Pe-esteee!!”, e vabbe’.
Tutto ciò detto, il film rimane più che godibile e almeno un’altra visione la merita, rigorosamente in lingua originale.
Mi piacerebbe però veder tornare Tarantino a film più asciutti, senza la pretesa del monumento da tre ore per 100 milioni, ma se poi il risultato è Death Proof allora lasciamo perdere e alla via così.